Ciò che parla ai ragazzi, ciò che veramente li colpisce e li coinvolge non sono tanto i contenuti delle nostre attività, quanto il modo con cui vengono proposte. L'oratorio ha un suo stile e un suo metodo educativo proprio, che si contraddistingue per cinque caratteristiche che rappresentano i 5 pilastri sopra i quali viene eretta l'architettura oratoriana. Non stiamo parlando delle struttura fatta di travi, mattino, muri ma della struttura fisica in quanto composta dalle persone e della struttura di pensiero che sorregge il progetto.
I cinque pilastri del metodo educativo dell'oratorio sono
- un'esperienza di gruppo: l'oratorio non è oratorio se si sta da soli e isolati, infatti esso è intreccio di relazioni e creazioni di legami stabili e sempre più profondi, rapporti che danno vita al gruppo dei ragazzi dell'oratorio, un gruppo informale ma allo stesso tempo riconoscibile; in oratorio tutto quello che si fa lo si fa a gruppo, piccolo o grande che sia, dai compiti alla merenda, dalla riflessione al gioco, ...si educato attraverso il gruppo, nel gruppo, col gruppo.
- un ambiente accogliente: l'oratorio è casa nella misura nella quale c'è qualche "grande" che è pronto ad aprire le porte e ad accogliere chi vi entra, perché se tutte le volte che un ragazzo o una ragazza entrano si sentono chiamati per nome, se viene chiesto loro come stanno quel giorno, se si chiede come è andata la verifica, la partita o come va la sfera sentimentale fa la differenza.
- l'accoglienza progettuale del ragazzo: come diceva papa Giovanni XXIII "Dio sa contare solo fino a 1", ovvero ha a cuore ciascuno al di là dei numeri, si ferma per te, riparte da te e con te; anche questa attenzione fa dell'oratorio un luogo educativo perché ciascun ragazzo con il trascorrere del tempo viene conosciuto per le sue qualità e le sue difficoltà, e da qui accompagnato nella misura più adeguata caso per caso, facendo attenzione a quelle sfumature che anche dentro a un'esperienza di gruppo ogni giovani porta in sé e che un buon educatore sa cogliere e sa come comportarsi di conseguenza.
- un contesto comunitario: i ragazzi dell'oratorio, anche quelli che non vanno a messa la domenica, sanno benissimo che quel luogo viene abitato anche da altre persone di altre età, di altre culture, in tempi differenti; questo genera fascino da un lato e corresponsabilità dall'altro, sapersi accolti da una parte ma anche di non essere padroni di casa dall'altra.
- l'imparare facendo: l'oratorio è luogo dove fare esperienze, dove sporcarsi le mani, dove mettersi in gioco; è un continua avere la mani in pasta e da queste esperienze passare a trasformarle in sapienze di vita attraverso l'accompagnamento di educatori ed animatori; all'oratorio non vale la risposta "non lo so fare" se non temporaneamente, perché in oratorio ci si mette alla prova senza la paura di un giudizio affrettato e umiliante, sapendo che l'errore fa parte dell'allenarsi e che per imparare qualsiasi cosa (a suonare uno strumento, a cantare, a recitare, a studiare, a giocare a basket, a versare l'acqua nel bicchiere altrui, al pregare con le tue parole, a fare la ruota, ...) si deve entrare nella logica dei piccoli passi possibili.
Questi cinque pilastri tuttavia, non si terrebbero legati assieme senza un architrave: questo è la preghiera, una preghiera trasversale fatta di parole e opere. Come? Beh, ogni giorno in oratorio (terminata l'accoglienza iniziale) si recita la preghiera semplice di san Francesco, un modo di pregare che va bene tanto per i cristiani quanto per le altre religioni (trasformando fra l'altro quel tempo in un cantiere di pace): i ragazzi (di qualsiasi religione) fanno a gara per poter recitarla da solisti o come guide. In più si cerca di far diventare vita quelle parole della preghiera, diventando a poco a poco preghiera vivente. Quest'ultimo punto è qualcosa che forse insegniamo poco come cristiani eppure lo stesso Gesù parlare di persone che ascoltano la Parola e la mettono in pratica e persone che ascoltano e basta. Per costruire la casa sulla roccia (e l'oratorio prende spunto da questa parabola) occorre trasformare in vita la preghiera quotidiana, assumere i tratti del più bello fra i figli dell'uomo.
Infine durante l'anno non manca una parte in cui si approfondisce la vita di un santo: l'anno passato abbiamo conosciuto don Bosco, l'anno che sta per iniziare probabilmente incontreremo san Filippo Neri, non a caso due discepoli che hanno fatto dell'oratorio uno strumento di evangelizzazione.
Grandi!!! Buon cammino!
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