martedì 28 febbraio 2017

Quale adulto per un’educazione possibile?


Di ritorno dall’esperienza del Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile ho pensato a come condividere in maniera utile ma leggera gli interventi ascoltati. Ho pensato di scrivere sul blog la sintesi dei miei appunti. È dunque un misto fra ciò che sta detto e ciò che ho raccolto: il mio punto di vista, i miei vissuti, le mie intuizioni si fondo a ciò che è stato detto. Ricordiamoci che ogni buon racconto chiede di essere ascoltato, meditato e interpretato. Di seguito la sintesi del primo incontro. (Gli atti del Convegno sono scaricabili dal sito della Pastorale Giovanile Nazionale)


Dott. Vittorino Andreoli  (psichiatra)

Cura significa occuparsi non di un sintomo di un uomo, ma significa occuparsi dell’uomo tutto intero fatto di corpo, mente, relazioni. Attesa significa non perdere la speranza nell’uomo. Se manca l’attesa non c’è spazio per la speranza. Un uomo può cambiare. Non dire mai che un adolescente è perduto. Se siete educatori dovete amare l’attesa e occorre trasmetterne la logica.

Educare significa insegnare a vivere: oggi ci sono ragazzi che non sanno vivere. Dovete fare amare cosa è la vita: questo è il centro dell’educazione. Il dolore è parte del mistero della vita: abbiamo cresciuto una generazione che non tollera il dolore. È la relazione che definisce il ruolo dell’educatore: non è uno status acquisito una volta per sempre. Educare è incontrare il profondo che è nell’altro ed è un continuo inventar piste per raggiungerlo.


L’adulto oggi è in crisi. Crisi significa un conflitto fra essere e voler essere, fra l’io attuale e l’io ideale. L’educatore è un uomo in crisi e questa aiuterà l’educatore: questa è la grandezza dell’educazione alla e della fragilità. La fragilità è una condizione esistenziale, dice di un uomo che si fa domande e non trova riposte dentro di sé. Un educatore è bene che senta i suoi limiti: una fragilità opposta al potere. La gioia riguarda il noi e non l’io. In una società dove domina l’invidia occorre trasmettere la gioia del noi.

Il legame si differenzia dall’emozione perché fa sentire la presenza dell’assenza. Gesù è l’esempio più straordinario di uomo fragile: “Ho sete”. C’è qualcosa di più umano di avvertire sete?

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