mercoledì 29 novembre 2017

In arrivo il calendario della UP

Sta per terminare l’anno e non hai ancora preso un calendario 2018?
Allora abbiamo quello che fa per te: sta per arrivare il calendario della UP con tante foto sugli oratori e non solo!!
Questa iniziativa ha una duplice funzionalità. La prima e più importante è quella di sentirci tutti più parte dell’Unità Pastorale e di ciò che accade nei diversi oratori: chi li vive, come li vive, sorrisi, fatiche, sfide, gite, campeggi e tanto altro verrà raccontato attraverso le foto (arrivatemi da più persone e impaginate egregiamente da Tita). La seconda ragione è quella di autofinanziare i progetti oratoriani: nonostante la bellezza e la vivacità che si respira in oratorio durante la settimana non possiamo dimenticarci dei costi che ne derivano.
La vendita avverrà nei pressi giorni di Natale (quanto prima riusciamo) e per ora ne abbiamo ordinate un centinaio di copie ma sappiamo che molti altri potrebbero esserne interessati. Niente paura: se rimanessimo senza ne ordineremo altre copie…basta saperlo!
Ringrazio fin da adesso chi vorrà alimentare la speranza che deriva dai progetti che attraverso l’oratorio accompagnano i ragazzi a un processo di crescita umana e spirituale di qualità.

PS: Per prenotare delle copie del calendario scrivete a ciri46@hotmail.it

Ecco il contenuto della Carta del Sinodo sugli Oratori

“Per essere fedeli al Vangelo e fedeli ai giovani occorre tenere presente che una pastorale giovanile ordinaria si compone di:
-          cammini formativi di gruppo: dove si esprime l’accompagnamento personale e costante, settimana dopo settimana, anno dopo anno, secondo le esigenze delle età dei ragazzi coinvolti e secondo una progettualità e una gradualità progressive negli anni
-          esperienza di oratorio: dove per oratorio si intende, più che un luogo, uno stile educativo totalizzante, che mira a mettere al centro il ragazzo anche attraverso la valorizzazione dei suoi talenti e dei suoi gusti, creando opportunità e spazi educativi per far vivere lo sport, l’animazione, la musica, il teatro, la scuola da protagonisti creativi, in un vero e proprio laboratorio dei talenti”
[Servizio di Pastorale Giovanile diocesana]


Evangelizzare con e in oratorio

“L’oratorio, in quanto espressione educativa della comunità ecclesiale, condivide con essa il desiderio e l’urgenza della missione evangelizzatrice, che «consiste nel realizzare l’annuncio e la trasmissione del Vangelo» e insieme «annunciare il Signore Gesù con parole e azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo»
[…] Tali percorsi, nella loro diversità e ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di evangelizzazione, possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
-          la testimonianza di fede in una concreta comunità cristiana da parte di coloro che animano l’oratorio
-          l’inserimento del ragazzo e del giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo cammino personalizzato e comunitario
-          l’accoglienza progettuale del ragazzo e del giovane, rispettati nel loro percorso storico di vita e nei loro interessi espressivi e ricreativi, ma insieme pro-vocati e sollecitati nel loro cammino di crescita e maturazione verso la pienezza di maturità in Cristo
-          la possibilità di percorsi graduali e differenziati
[Laboratorio dei talenti, Vescovi Italiani]

Pertanto sogniamo un oratorio...
·         in grado di costruire relazioni positive (prosociali) e in esse vivere il Vangelo, prendendo esempio dalle prime comunità dei discepoli che vivevano le dinamiche del regno dei Cieli condividendo tutto, a partire dal proprio tempo
·         che evangelizzi più nel modo di stare insieme che con le parole, utilizzando i linguaggi propri che gli appartengono: nell'accoglienza senza pregiudizi, nel gioco di squadra, nella collaborazione durante lo studio, nelle attività di riflessione e catechesi, nella merenda come pasto condiviso
·         capace di portare il Vangelo anche all'esterno, tenendosi in costante apertura con la strada per capirne i bisogni e costruire proposte di cammino in grado di prevenire disagi
·         portato avanti da testimoni del Risorto, educatori in grado di far la differenza e dare unitarietà alle diverse attività che si svolgono, dall’Eucaristia alla partita di calcio.


Comunità e figure educative in oratorio

L’oratorio è l’espressione della comunità ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva, dell’educazione delle giovani generazioni.
[…] L’oratorio educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario, soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative. Esse costituiscono la sua vera forza e si attuano sia attraverso percorsi strutturati sia attraverso espressioni informali. L’attuale emergenza educativa è letta da più parti come esito di un impoverimento delle relazioni educative personali.”   [Laboratorio dei talenti, Vescovi Italiani]

Pertanto sogniamo un oratorio...
·         che sia espressione di una comunità cristiana che si prende cura delle giovani generazioni
·         fatto di animatori ed educatori credibili, con la passione per i più piccoli, con il desiderio di trascorrere del tempo con loro, senza la fretta e la freddezza di un servizio da dover portare a termine il prima possibile. Fatto di “chiamati”: il volontario fa fino a quando vuole, mentre il chiamato sa che ha qualcosa da dare, che vuole donarsi dando testimonianza a Colui da cui è stato inviato
·         che far portare a frutto i talenti sia di chi svolge un servizio sia di chi lo riceve, ponendo particolare attenzione a far leva sui carismi di ciascuno e non a cercare forze per tappare dei buchi
·         affascinante agli occhi di chi ne entra in contatto, che faccia incontrare ai più giovani persone con grandi sogni che con fatica e dedizione sanno trasformarli in realtà
·         in ascolto dei giovani e delle loro idee, dei loro desideri, delle loro angosce, delle loro sfide quotidiane, delle loro passioni
·         per cui la comunità parrocchiale preghi e dia luogo a momenti di preghiera nel quale dar forza alla missione oratoriana


Percorsi educativi di accompagnamento in oratorio

In oratorio chi arriva nuovo così come chi lo abita da tempo, il ragazzo come l’adulto, vi trova il suo spazio di espressione e di partecipazione, la valorizzazione delle capacità, e soprattutto l’opportunità di essere riconosciuto e accolto come persona. Da una fase iniziale a quella più avanzata si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a proprio agio e dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35).
[…] Occorre, inoltre, misurarsi anche con situazioni di grave degrado sociale e culturale: di fronte a tali contesti, con lo spirito del buon samaritano l’oratorio si fa “prossimo”, reinventando modalità e iniziative per rispondere alle nuove emergenze educative.
[…] Il metodo proprio dell’oratorio è quello dell’animazione, ovvero quello del coinvolgimento diretto; è un metodo attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto e per la notevole carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice, dinamica e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione.
[Laboratorio dei talenti, Vescovi Italiani]


Pertanto sogniamo un oratorio...
·         in cui le attività proposte accompagnino i ragazzi in un percorso di crescita umana e spirituale, aiutandoli a ragionare sui modi con cui relazionarsi bene con gli altri e non solamente dando loro ricette preconfezionate
·         in cui anche attraverso il gioco in cortile i ragazzi non si sentano mai esclusi come capita spesso in altri ambienti più selettivi: in oratorio ci si ingegna affinché tutti coloro che lo desiderano possano trovare spazio
·         che possa essere casa fra le case del quartiere, in cui è più importante come si vive piuttosto che che cosa si fa, in primis c'è bisogno di qualcuno che (con il sorriso) accolga chi entra per quello che è e non per quello che si vorrebbe fosse: il seme porta frutto col tempo, siamo nel campo dell'accompagnamento lento e graduale
·         in cui vi sia incontro e non scontro fra diverse culture e religioni, un cantiere di pace in cui poter sperimentare un breve momento quotidiano di preghiera insieme a inizio delle attività
·         che aiuti i ragazzi a capire che la fede non è possibile viverla solo in oratorio ma anche fuori: la fede è nel modo in cui ci si rapporta, si gioca, si prendono le proprie responsabilità, si vive... L’oratorio da una chiave di lettura del mondo in cui umano e divino si intrecciano e l'uno non vuole fare a meno dell'altro

 Reggio Emilia, 23 novembre 2017



mercoledì 22 novembre 2017

P.A.C.E. PARTECIPA AD INNOVA


Momento dell'incontro al Malaguzzi

Clara, presidente di P.A.C.E. con la Parlamentare Vanna Iori

L’Associazione P.A.C.E. ha partecipato alla terza edizione di Innòva, l’evento promosso dalla Fondazione Ora! di Reggio Emilia, in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, la Provincia di Reggio Emilia, la Regione Emilia-Romagna, l’associazione studentesca Unilife, l’Agenzia nazionale per i giovani, Impact Hub Reggio Emilia e PA Social, che tratta il tema dell’innovazione sotto tutti gli aspetti socio culturali. Per l’edizione 2017 si è scelto di porre al centro del confronto il tema dell’educazione, intesa come capacità di attraversare le trasformazioni radicali del nostro tempo. Educazione nella scuola, alla cittadinanza, nello sport, nel lavoro e, appunto, nell’innovazione. Il filo conduttore dell’intera edizione di Innova è stato quello di proporre una prospettiva formativa per sviluppare competenze innovative. L’incontro si è svolto presso il Centro internazionale Loris Malaguzzi

venerdì 10 novembre 2017

Carta del Sinodo


Giovedì 23 novembre ore 21 presso i locali della parrocchia di San Bartolomeo si terrà la presentazione della Carta del Sinodo sugli Oratori, una sorta di linee guida emerse dallo scorso Sinodo sugli Oratori dell’UP.
La restituzione e la condivisione di questa Carta sarà il primo vero passo verso la scrittura di un progetto oratori che tenga insieme diversità e unicità di ciascun territorio dell’UP ma allo stesso tempo una visione unitiva del tutto, in particolare nello stile educativo oratoriano.
Durante l’incontro sarà altresì riportato quanto emerso da una piccola indagine svolta sui giovani delle nostre parrocchie, analisi importante per capire meglio il tessuto religioso e sociale delle giovani generazioni con cui entriamo (o non entriamo) in contatto.
L’invito dunque è quello di partecipare a questo incontro, desiderato fin dal concludersi del Sinodo sugli Oratori di inizio ottobre. Sono invitati tutte le persone dai 14 anni in su.

Don Paolo e Ciri

mercoledì 8 novembre 2017

VESPRITZ 2017





Materiale utilizzato nel primo VESPRITZ 2017

Documento Preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema
“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”
Questo Documento Preparatorio propone una riflessione articolata in tre passi. Si comincia delineando
sommariamente alcune dinamiche sociali e culturali del mondo in cui i giovani crescono e prendono le loro decisioni, per proporne una lettura di fede. Si ripercorrono poi i passaggi fondamentali del processo di discernimento, che è lo strumento principale che la Chiesa sente di offrire ai giovani per scoprire, alla luce della fede, la propria vocazione. Infine si mettono a tema gli snodi fondamentali di una pastorale giovanile vocazionale. Si tratta quindi non di un documento compiuto, ma di una sorta di mappa che intende favorire una ricerca i cui frutti saranno disponibili solo al termine del cammino sinodale.

Sulle orme del discepolo amato
Offriamo come ispirazione al percorso che inizia un’icona evangelica: Giovanni, l’apostolo. Nella lettura
tradizionale del Quarto Vangelo egli è sia la figura esemplare del giovane che sceglie di seguire Gesù, sia «il discepolo che Gesù amava» (Gv 13,23; 19,26; 21,7). «Fissando lo sguardo su Gesù che passava, [Giovanni il Battista] disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,36-39). Nella ricerca del senso da dare alla propria vita, due discepoli del Battista si sentono rivolgere da Gesù la domanda penetrante: «Che cercate?». Alla loro replica «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?», segue la risposta-invito del Signore: «Venite e vedrete» (vv. 38-39). Gesù li chiama al tempo stesso a un percorso interiore e a una disponibilità a mettersi concretamente in movimento, senza ben sapere dove questo li porterà. Sarà un incontro memorabile, tanto da ricordarne perfino l’ora (v. 39). Grazie al coraggio di andare e vedere, i discepoli sperimenteranno l’amicizia fedele di Cristo e potranno vivere quotidianamente con Lui, farsi interrogare e ispirare dalle sue parole, farsi colpire e commuovere dai suoi gesti. Giovanni, in particolare, sarà chiamato a essere testimone della Passione e Resurrezione del suo Maestro. Nell’ultima cena (cfr. Gv 13,21-29), la sua intimità con Lui lo condurrà a reclinare il capo sul petto di Gesù e ad affidarsi alla Sua parola. Nel condurre Simon Pietro presso la casa del sommo sacerdote, affronterà la notte della prova e della solitudine (cfr. Gv 18,13-27). Presso la croce accoglierà il profondo dolore della Madre, cui viene affidato, assumendosi la responsabilità di prendersi cura di lei (cfr. Gv 19,25-27). Nel mattino di Pasqua egli condividerà con Pietro la corsa tumultuosa e piena di speranza verso il sepolcro vuoto (cfr. Gv 20,1-10). Infine, nel corso della straordinaria pesca presso il lago di Tiberiade (cfr. Gv 21,1-14), egli riconoscerà il Risorto e ne darà testimonianza alla comunità. La figura di Giovanni ci può aiutare a cogliere l’esperienza vocazionale come un processo progressivo di discernimento interiore e di maturazione della fede, che conduce a scoprire la gioia dell’amore e la vita in pienezza nel dono di sé e nella partecipazione all’annuncio della Buona Notizia.

1. Un mondo che cambia rapidamente
La rapidità dei processi di cambiamento e di trasformazione è la cifra principale che caratterizza le società e le culture contemporanee. La combinazione tra elevata complessità e rapido mutamento fa sì che ci troviamo in un contesto di fluidità e incertezza mai sperimentato in precedenza: è un dato di fatto da assumere senza giudicare aprioristicamente se si tratta di un problema o di una opportunità. Questa situazione richiede di assumere uno sguardo integrale e acquisire la capacità di programmare a lungo termine, facendo attenzione alla sostenibilità e alle conseguenze delle scelte di oggi in tempi e luoghi remoti. La crescita dell’incertezza incide sulla condizione di vulnerabilità, cioè la combinazione di malessere sociale e difficoltà economica, e sui vissuti di insicurezza di larghe fasce della popolazione. Rispetto al mondo del lavoro, possiamo pensare ai fenomeni della disoccupazione, dell’aumento della flessibilità e dello sfruttamento soprattutto minorile, oppure all’insieme di cause politiche, economiche, sociali e persino ambientali che spiegano l’aumento esponenziale del numero di rifugiati e migranti. A fronte di pochi privilegiati che possono usufruire delle opportunità offerte dai processi di globalizzazione economica, molti vivono in situazione di vulnerabilità e di insicurezza, il che ha impatto sui loro itinerari di vita e sulle loro scelte. A livello globale il mondo contemporaneo è segnato da una cultura “scientista spesso dominata dalla tecnica e dalle infinite possibilità che essa promette di aprire, al cui interno però «sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani» (Misericordia et misera, 3).  Non va trascurato poi il fatto che molte società sono sempre più multiculturali e multireligiose. In particolare la compresenza di più tradizioni religiose rappresenta una sfida e un’opportunità: può crescere il disorientamento e la tentazione del relativismo, ma insieme aumentano le possibilità di confronto fecondo e arricchimento reciproco. Agli occhi della fede questo appare come un segno del nostro tempo, che richiede una crescita nella cultura dell’ascolto, del rispetto e del dialogo.

2. Le nuove generazioni
La sfida della multiculturalità attraversa in modo particolare il mondo giovanile, ad esempio con le peculiarità delle “seconde generazioni” In molte parti del mondo i giovani sperimentano condizioni di particolare durezza, al cui interno diventa difficile aprire lo spazio per autentiche scelte di vita, in assenza di margini anche minimi di esercizio della libertà. Pensiamo ai giovani in situazione di povertà ed esclusione; a quelli che crescono senza genitori o famiglia, oppure non hanno la possibilità di andare a scuola; ai bambini e ragazzi di strada di tante periferie; ai giovani disoccupati, sfollati e migranti; a quelli che sono vittime di sfruttamento, tratta e schiavitù; ai bambini e ai ragazzi arruolati a forza in bande criminali o in milizie irregolari; alle spose bambine o alle ragazze costrette a sposarsi contro la loro volontà. Troppi sono nel mondo coloro che passano direttamente dall’infanzia all’età adulta e a un carico di responsabilità che non hanno potuto scegliere.

Appartenenza e partecipazione
I giovani non si percepiscono come una categoria svantaggiata o un gruppo sociale da proteggere e, di conseguenza, come destinatari passivi di programmi pastorali o di scelte politiche. Non pochi tra loro desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente, come confermano quelle esperienze di attivazione e innovazione dal basso che vedono i giovani come principali, anche se non unici, protagonisti. La disponibilità alla partecipazione e alla mobilitazione in azioni concrete, in cui l’apporto personale di ciascuno sia occasione di riconoscimento identitario, si articola con l’insofferenza verso ambienti in cui i giovani sentono, a torto o a ragione, di non trovare spazio o di non ricevere stimoli; ciò può portare alla rinuncia o alla fatica a desiderare, sognare e progettare, come dimostra il diffondersi del fenomeno dei NEET (not in education, employment or training, cioè giovani non impegnati in un’attività di studio né di lavoro né di formazione professionale). La discrepanza tra i giovani passivi e scoraggiati e quelli intraprendenti e vitali è il frutto delle opportunità concretamente offerte a ciascuno all’interno del contesto sociale e familiare in cui cresce, oltre che delle esperienze di senso, relazione e valore fatte anche prima dell’inizio della giovinezza. Oltre che nella passività, la mancanza di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità può manifestarsi in una eccessiva preoccupazione per la propria immagine e in un arrendevole conformismo alle mode del momento.

Punti di riferimento personali e istituzionali
Varie ricerche mostrano come i giovani sentano il bisogno di figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere alla prova la capacità di relazione con gli altri e affrontare le dinamiche affettive. Cercano figure in grado di esprimere sintonia e offrire sostegno, incoraggiamento e aiuto a riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio. Da questo punto di vista, il ruolo di genitori e famiglie resta cruciale e talvolta problematico. Le generazioni più mature tendono spesso a sottovalutare le potenzialità, enfatizzano le fragilità e hanno difficoltà a capire le esigenze dei più giovani.  Genitori assenti o iperprotettivi rendono i figli più fragili e tendono a sottovalutare i rischi o a essere ossessionati dalla paura di sbagliare. I giovani non cercano però solo figure di riferimento adulte: forte è il desiderio di confronto aperto tra pari. A questo scopo è grande il bisogno di occasioni di interazione libera, di espressione affettiva, di apprendimento informale, di sperimentazione di ruoli e abilità senza tensione e ansia. I giovani nutrono spesso sfiducia, indifferenza o indignazione verso le istituzioni. Questo non riguarda solo la politica, ma investe sempre più anche le istituzioni formative e la Chiesa, nel suo aspetto istituzionale. La vorrebbero più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali, ma non danno per scontato che questo avvenga nell’immediato.Tutto ciò si svolge in un contesto in cui l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono “contro”, ma stanno imparando a vivere “senza” il Dio presentato dal Vangelo e “senza” la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria. In molti luoghi la presenza della Chiesa si va facendo meno capillare e risulta così più difficile incontrarla, mentre la cultura dominante è portatrice di istanze spesso in contrasto con i valori evangelici, che si tratti di elementi della propria tradizione odella declinazione locale di una globalizzazione di stampo consumista e individualista.

Verso una generazione (iper)connessa

Le giovani generazioni sono oggi caratterizzate dal rapporto con le moderne tecnologie della comunicazione e con quello che viene normalmente chiamato “mondo virtuale”, ma che ha anche effetti molto reali. Esso offre possibilità di accesso a una serie di opportunità che le generazioni precedenti non avevano, e al tempo stesso presenta rischi. È tuttavia di grande importanza mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata.