martedì 28 agosto 2018

I contenuti della proposta - PE/7

Oggi parliamo della parte più concreta del progetto educativo degli oratori ovvero ciò che riguarda i contenuti della proposta. Si tratta della scelta più concreta concernente un'indicazione di massima sulle cose da fare, le attività, i percorsi che confluiranno nella programmazione annuale.
Ogni proposta cerca di lavorare su uno o più obiettivi di cui abbiamo parlato nell'articolo precedente e la scelta di ogni proposta deve scaturire dalla strategia d'intervento, che abbiamo detto essere il protagonismo giovanile. Occorre domandarsi: questa iniziativa a quali obiettivi risponde? Come si inserisce nella strategia complessiva? Porsi quesiti simili fa rimanere fedeli ai giovani e al Vangelo ed evita che certe attività si portino avanti solo per inerzia, per abitudini, sebbene da tempo se ne sia smarrito il significato.
Se dovessimo pensare al catechismo dei ragazzini, i contenuti di tale proposta probabilmente sarebbero: l'incontro di catechesi settimanale (o quasi), ritiri nei momenti forti, celebrazione di alcuni sacramenti (riconciliazione, eucarestia e confermazione), incontro coi genitori. Per quanto riguarda i cammini formativi degli adolescenti oltre all'incontro settimanale si andrebbero ad aggiungere l'assunzione di un servizio, la frequentazione dei sacramenti, ritiri nei tempi forti, settimane comunitarie, campi invernali ed estivi, e via dicendo. Se fossimo una squadra di pallavolo dovremmo inserire i giorni dell'allenamento, le partite, i ritiri prestagionali, le feste della società sportiva...
Nella nostra UP, gli oratori offrono 6 proposte
  • un cortile aperto - con esso si intende quello spazio e quel tempo inzuppati di informalità in cui diversi ragazzi, sotto l'occhio vegliante di almeno un educatore, si possono incontrare e trascorrere parte del pomeriggio in amicizia senza performance da raggiungere, per il gusto di giocare così come avveniva una volta: il cortile rende concreto l'obiettivo della socializzazione e quello della condivisione.
  • l'accompagnamento nei compiti - non si tratta di un doposcuola (come purtroppo troppo spesso ed erroneamente viene chiamato) ma di un modo di fare i compiti bene preciso, un metodo che riprendere quello del cooperative learning (apprendimento cooperativo) in cui al centro vi sono i ragazzi stessi che devono cercare di svolgere il proprio dovere in piccolo gruppo, creando comunità, mentre l'animatore e adulto fungono da registi di questo loro protagonismo: l'accompagnamento nei compiti cerca di raggiungere l'obiettivo della responsabilità e della riflessione.
  • una serie di LabOratori - i nome si presta bene a giochi di parole in oratorio ma a parte le battute, essi hanno lo scopo di andare a caccia di talenti che devono essere scoperti nei ragazzi, per cui non si tratta di scimmiottare scuole di musica nel caso di LabOratori di chitarra o di essere la brutta copia di un corso di basket nel caso dei LabOratori sportivi; si tratta di avvicinare i ragazzi a strumenti,contesti ed esperienze nuove per loro che hanno solo il compito di solleticare l'appetito, di insegnare l'ABC per incanalare le energie in un eventuale futuro vero corso fatto da veri professionisti: certamente i LabOratori lavorano sulla ricerca dei talenti.
  • l'orientamento scolastico per la III media - ma come non lo fanno già le scuole? Sì e no. Nel corso della mia esperienza ho notato che le scuole più che formazione sull'orientamento fanno informazione sulle scuole superiori, su ciò che esse offrono. Si concentrano sul contenitore anziché sul contenuto. L'orientamento che propone l'oratorio è un percorso personale fatto a piccolo gruppo in cui i ragazzi lavorano su ciò che già li abita (talenti e limiti, desideri e paure, attitudini e futuro) per insegnare a discernere il bene dal meglio: si tratta della prima vera e propria scelta vocazionale della loro vita e in questo la comunità cristiana li deve accompagnare insegnando loro gli strumenti di questa arte. Associato a quanto propone la scuola ne deriva un cammino ben strutturato e completo per chi si avvicina alla scelta futura: questa proposta lavora sulla responsabilità e sulla riflessione del ragazzo.
  • i grest e i compigrest - chi non ricorda dei bei momenti estivi in oratorio? questi campi sono luogo di educazione dei bambini ma ancor più degli adolescenti che in estate si immergono in tale servizio per settimane intere. Col suo ritmo prolungato e quotidiano, il grest è in grado di offrire tantissime attività diverse fra loro: dalla preghiera al gioco, dai laboratori alle riflessioni, dalla merenda ai bans! Questa proposta aiuta a raggiungere, a modo suo, diversi obiettivi: socializzazione, condivisione, responsabilità, riflessione e ricerca dei propri talenti.
  • un accompagnamento generativo al servizio - non ci si improvvisa animatori ed educatori per cui l'oratorio si ingegna per creare percorso di formazione e di accompagnamento di queste figure al fine di capire meglio cosa si è chiamati a fare, ascoltare l'eco che risuona nella propria storia, discernere il male dal bene e il bene dal meglio e perseguire la strada del servizio, strada che oltre ttutto mi aiuta a conoscermi meglio così da diventare uno degli strumenti con cui fare discernimento vocazionale. Grazie al lavoro dell'educatore di progetto questa proposta diventa operativa nel raggiungere l'obiettivo della responsabilità, della riflessione, della ricerca dei talenti e della condivisione.
Come vedete l'oratorio è molto di più del dare due calci a un pallone alla "viva il parroco". E qualora si diano (perché si fa!) due calci al pallone dentro la testa e il cuore dell'educatore c'è (o pian pianino ci dovrà essere) tutta quella roba che ci siamo detti. Un prete un volta mi ha detto che il bello della famiglia di Nazaret è che non hanno fatto niente speciale ma hanno tanto vissuto a fondo l'ordinario da vederlo e dunque renderlo straordinario. Quanto mi ha detto questo ho subito pensato all'oratorio!





mercoledì 22 agosto 2018

Obiettivi dell'oratorio - PE/6

Gli obiettivi di un progetto aiutano a scandire e rendere concreta e chiara la finalità (evangelizzazione ed educazione come abbiamo visto qualche articolo fa). 
L'oratorio pertanto si attiva per raggiungere i seguenti 5 obiettivi
  • socializzazione, al fine di insegnare a non concentrarsi solo su se stessi
  • condivisione, al fine di allenarsi al dono di sé
  • responsabilizzazione, al fine di saper affrontare le sfide della vita
  • riflessione, al fine di generare pensiero e ascolto profondo di sé, dell'altro, del mondo e di Dio
  • ricerca dei talenti, al fine di conoscersi meglio e portare molto frutto trafficando ciascuno i propri talenti
Oggi ancor più di 10 anni fa è necessario educare a uscire dalla mentalità individualista e opportunistica. Luoghi in cui è possibile socializzare in maniera informale fra i ragazzi vi sono i parchi ma in questi non esiste talvolta un presidio educativo col rischio di lasciar gli adolescenti senza punti di riferimento. L'oratorio deve riprendere la sua vocazione di contesto informale e accessibile, con la presenza di figure educative che generino un clima sereno e vivace allo stesso tempo.
Dover riuscire a mettersi d'accordo su quale gioco fare, chi gioca e chi aspetta, con che regole, ...sono piccoli cantieri di condivisione che potrebbero correre il rischio di diventare muri di esclusione se non vegliati da un occhio adulto in grado di far risvegliare la coscienza di ciascun ragazzo.

Bello è pensare al fatto che Gesù, il Figlio di Dio, abbia vissuto con grande slancio questi cinque obiettivi. Ancora più bello è riflettere su come li abbiamo vissuti, con che spirito, con che animo. Egli non è stato certamente un ritirato sociale: amava stare in mezzo alla gente anche se non si lasciava mancare momenti di intimità con Dio o con gli apostoli. Ha insegnato a condividere tutto: dal pane alla quotidianità, dal vino alla festa, dalla sua relazione col Padre a quella coi più emarginati. E come dimenticare le diverse parabole sui talenti che ha proclamato più volte alle folle? Gesù scommette sui talenti ancora sepolti tanto da far dei primi chiamati pescatori, sì, ma di uomini. E quanti racconti di chiamata troviamo nei vangeli, incontri in cui il messia chiama giovani e adulti a rispondere alla propria chiamata nella quotidianità e con spirito di audacia e grande ardimento.
Nel prossimo articolo parleremo della attività con cui in oratorio cerchiamo di incamminarci verso questi obiettivi. Spero che nessuno rimanga scandalizzato se a volte lo stile dell'oratorio non incontra i canoni aspettati ma occorre tenere a mente che l'oratorio può essere una delle vie che conduce al Padre e che in tutti i casi occorre guardare con gli occhi del Signore per vedere l'invisibile nascosto nella ferialità. 

lunedì 20 agosto 2018

Una strategia d'intervento: il protagonismo giovanile - PE/5

Scegliere una strategia significa decidere su "cosa far leva" per raggiungere le finalità preposte. L'oratorio gioca la carta del protagonismo giovanile, col quale si intende accompagnare i ragazzi a vivere la propria vita (quotidianità e scelte forti) non da spettatori ma da protagonisti appunto. Se accendiamo la tv, siamo al cospetto tante volte di un'ostentazione di protagonismo (e non solo giovanile) specialmente nei talent show in cui l'obiettivo è quello di trovare l'unico talento in grado di sbaragliare tutti gli altri. In oratorio (e nella vita di tutti i giorni ci si dovrebbe sforzare di pensare così al fine di edificare il Regno di Dio) invece il protagonismo diventa tale solo se i talenti di ciascuno vengono messi in comunione gli con gli altri. Non un talento su tutti, ma ciascun talento per il bene di tutti. La logica è fortemente diversa. 
Questo sano protagonismo lo si cerca di vivere in ogni istante del pomeriggio sia per i ragazzi, sia per gli animatori. Gli adulti ci sono ma per non invadere lo spazio dei più giovani cercano di starsene dietro le quinte, con uno sguardo sapiente e attento come quelle del buon pastore che custodisce tutte le pecore, comprese le pecore madri.   
Pertanto, a noi adulti spetta il compito di accompagnare le giovani generazioni, un accompagnamento che non diventa mai sostituzione (mai sconfinare lo spazio altrui, anche se ciò comporterà senz'altro degli errori - e gli errori, se riletti con un adulto, insegnano qualcosa) al fine di 
  • assumersi le proprie responsabilità, 
  • abbattere il muro dell'indifferenza, 
  • aprire lo sguardo al futuro 
  • e le mani a chi ha bisogno
Responsabilità è una parola che significa "essere capaci a rispondere". Ma rispondere a cosa? e soprattutto, rispondere a chi? Si tratta di essere attrezzati a rispondere alla Vita che ti ha chiamato alla vita, si tratta di sentire e rispondere ad un appello del Signore che chiama ciascuno a costruire il suo regno, regno di amore e misericordia. 
Di abbattere muri di indifferenza tanto ha parlato papa Francesco per cui non vorrei dilungarmi tanto. Se pensiamo ai talenti e al tempo che ci sono stati donati come a una serie di mattoncini possiamo pensare di utilizzarli in due modi: o per costruire muri o per costruire ponti. I primi ci isolano e ci danno un'immediata ma effimera sensazione di sicurezza, mentre i secondi ci consentono di metterci in relazione a scapito di uscire dalle nostre (a volte vane) certezze. Significa scegliere di barricarsi come "schiavi in Egitto" (una bella gabbia d'oro, ma pur sempre una gabbia!) oppure fidarsi di Dio che ti chiede di uscire dalla logica di una vita di sussistenza a una di pienezza. La seconda è la logica dell'Esodo, dunque una logica pasquale e l'amore, quello vera, presenta sempre il segno dei chiodi, ma la morte (come quella del chicco di grano caduto in terra) non è l'ultima parola sulla tua vita.
Il futuro è forse il grande tema dei giovani oggi. Anche qui vi invito a leggere il discorso del papa ai giovani riuniti pochi giorni fa al Circo Massimo. Siamo in un contesto molto diverso rispetto anche solo a 15 anni fa, e ancora di più rispetto a 30 anni fa. Dico questo perché spesso i genitori cercano di dare buoni consigli basandosi sul contesto dei loro tempi: mmm. Oggi i ragazzi sono disorientati perché ci sono (quasi) infinite possibilità che si pongono loro davanti. Questo è un bene solo se sono stati educati al discernimento sia nel quotidiano sia nel momento delle scelte forti. Con un'immagine assomiglia alla sindrome del foglio bianco. L'oratorio, nella sua semplicità, accompagna i giovani e giovanissimi a discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e il bene dal meglio, e non solo per se stessi ma in un contesto comunitario come è la realtà che li circonda. 
Infine, ci lasciamo con un personaggio a me molto caro: Simone di Cirene. Perché è bello Simone? Perché attira tanta simpatia e suscita tanta commozione? Perché era un uomo dalle spalle libere che ha aiutato un condannato dalle spalle appesantite! Un giorno il mio padre spirituale di Assisi mi ha detto che coloro che hanno le spalle libere le hanno perché aiutino altri a portare le loro croci senza mai sostituirsi ad essi. Gli animatori di oratorio, nel loro piccolo, fanno questo: si mettono a servizio in ciò che c'è da fare, dall'aiuto nei compiti, alla conduzione di un bans o di un gioco, giocando a loro volta coi ragazzini, pensando a cosa fare per merenda, parlando con loro e ascoltandoli, facendoli sentire importanti ai loro occhi. E ci sono persone che fin dalla loro infanzia sono stati segnati da traumi di distacco con gli adulti di riferimento: in oratorio, case di relazioni che tendono a essere il più simili a quelle del regno dei Cieli, si trova casa per tutti perché ognuno pian piano viene incontro all'altro!

venerdì 17 agosto 2018

Bisogni e risorse - PE/4

Ogni progetto educativo presuppone l'esistenza di un bisogno in colui a cui viene destinata l'azione educativa. Tuttavia è molto raro che un ragazzo esprima un'esplicita domanda di educazione e di evangelizzazione per cui la comunità dell'oratorio presume che nei giovani vi sia questa sete, questa ricerca nascosta dietro a richieste parziali, richieste quali divertimento, istruzione, socializzazione, orientamento, e così via.
In particolare, sul nostro territorio si sono individuati 4 bisogni su cui focalizzarsi, e sono i seguenti:
  • Relazioni autentiche con i pari. Siamo in un contesto fortemente digitalizzato e informatizzato ma altrettanto non sempre consono a instaurare vere e proprie relazioni. Il ridotto numero di fratelli in famiglia, qualora vi siano, riduce ulteriormente la capacità di stringere legami autentici con i coetanei. L'oratorio, con la sua capacità di accogliere tanti ragazzi e l'attenzione degli educatori, favorisce l'instaurarsi di amicizie che sanno di fraternità. 
  • Punti di riferimento a cui dare la propria fiducia. Oggi come ieri i giovani sono alla ricerca di punti di riferimento credibili ai loro occhi ma non è facile riuscire a trovarne in tutti i posti. L'oratorio, con la sua funzione educativa, accompagna i ragazzi attraverso la cura di educatori ed animatori che spendo parte del loro tempo con loro e per loro. La credibilità passa attraverso il canale della costanza e dell'umiltà con cui ciascuna figura educativa deve prima o poi fare i conti. Tuttavia questi atteggiamenti sono capaci di fare breccia nell'intimo dei ragazzi dell'oratorio, che a poco a poco si aprono, si confidano e si affidano a qualcuno di più grande di loro, un pochino più avanti nel cammino.
  • Ricerca dei propri talenti da far fruttare. In oratorio si impara facendo, ci si nutre di esperienze che devono poi essere fatte assimilare ai ragazzi perché diventino sapienza. Questo è un luogo in cui ci si può sperimentare e scoprire tante cose nuove su di sé in una fase tanto duttile come è quella dell'età evolutiva. Scoprire nella quotidianità le proprie peculiarità è uno degli obiettivi dell'oratorio, pungolato dalla parabola dei talenti che sprona ciascuno a tirare fuori il meglio di sé donandolo agli altri piuttosto che ficcarlo sottoterra dove nessuno può goderne. 
  • Dare significato alla propria esistenza. Abbiamo appena detto che l'oratorio è un campo in cui fare esperienza ma che occorre imparare a rileggere i fatti per ricavarne una sapienza di vita. Ecco che allora occorrono tempi e spazi affinché i ragazzi dell'oratorio possano fare questo passaggio. Importante diventa dunque la riflessione e il dialogo sia personale che in gruppo, perché esso allena la verbalizzazione (e una cosa è davvero tua solo quando la chiami per nome) e l'ascolto (primo di tutti i comandamenti, "Shema Israel"!). 

Al fianco dei bisogni vi sono sempre delle risorse attraverso le quali provare a rispondere. Certamente le prime risorse da cercare e da valorizzare sono quelle già presenti in ogni ragazzo. Non dimentichiamoci che ogni ragazzo porta in sé cinque pani e due pesci. Se ci dimentichiamo che davanti a noi abbiamo una creatura con tante potenzialità (forse inespresse ma che ci sono) allora dovremmo smettere di fare oratorio. Non mi stancherò mai di dire che non siamo alla presenza di vuoti a perdere, da dover riempire con le nostre idee. Quando siamo davanti a un ragazzo, siamo davanti a un mondo intero. 
Detto questo, tuttavia, l'oratorio vive della disponibilità e del carisma di figure di riferimento:
  • Educatori. Oltre all'educatore di progetto ve ne sono infatti anche altri che possono provenire dalla vita comunitaria della "missione km 0" piuttosto che dai gruppi giovani dei cammini formativi. Tuttavia non sono molti, anzi, a oggi sono davvero davvero pochissimi per cui occorre pregare per loro ma anche per chi potrebbe venire a dare una mano affinché il sogno dell'oratorio non tramonti ma si innalzi sempre più.
  • Animatori. Possono essere ragazzi della parrocchia, o che arrivano attraverso il canale dell'alternanza scuola-lavoro, oppure ragazzi che vivono sul territorio ma che non frequentano i cammini formativi. Essi sono veramente tanti nel periodo estivo quanto pochissimi diventano durante il più lungo periodo invernale, dove effettivamente c'è la possibilità di instaurare relazioni più forti perché intessute di ferialità e costanza. 
  • Volontari adulti. In particolare all'oratorio di Regina Pacis occorre dire che vi sono diverse figure adulte che si rendono disponibili per i compiti, o per preparare la merenda o per stare in mezzo ai ragazzi per garantire più sicurezza. Sarebbe buona cosa che anche negli altri oratori un numero crescente di adulti possano mettersi a servizio (qualsiasi) per i ragazzi dell'oratorio.
  • Associazioni. Possono essere associazioni sportive come P.A.C.E. con la quale collaboriamo in particolare per l'animazione del cortile una volta alla settimana oppure grazie all'avvio di qualche LabOratorio sportivo. Altra associazione con cui l'oratorio vuole collaborare sono gli scout coi quali condivide molti criteri educativi.
  • Servizi sociali. Oratori e polo sociale sono fortemente in collaborazione rispettando ognuno l'identità dell'altro e senza cadere in un legame di delega. Oltre a essere un prezioso osservatorio del mondo giovanile sul territorio, l'oratorio si rende disponibile per l'accoglienza di alcuni casi inviati dai servizi e per i quali l'oratorio assolve sempre la sua funzione educativa.
  • Scuole. Pur non essendo subordinato alle scuole, l'oratorio apre un dialogo con esse perché entrambe sono agenzie educative sul territorio e ciascuna è bene sviluppi la propria missione per il bene dei ragazzi stessi. Là dove si è riuscito a creare questo dialogo effettivamente i ragazzini ne beneficiano e crescono con l'idea che vi sia alleanza educativa fra gli adulti con cui entrano in relazione, senza sentire strappi o ambiguità fra di esse. 




lunedì 13 agosto 2018

Accoglienza e fraternità, le fondamenta dell'oratorio - PE/3

"Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio" 
(Evangelii Gaudium, 176)

Siamo giunti al secondo passo del prog
etto oratori in cui tratteremo dei valori fondamentali su cui si erge l'architettura dell'oratorio e allo stesso tempo quei valori che intende trasmettere alle nuove generazioni.
L'educazione e l'evangelizzazione vengono trasmessi attraverso un linguaggio proprio dell'oratorio che è la creazione di relazioni libere e liberanti, il più simile possibile a quelle del regno dei cieli, relazioni che sanno vivere e far vivere l'accoglienza e la prossimità da un lato, e la fraternità e la comunione dall'altro.

Accoglienza e prossimità. Queste prime due parole ci indicano anzitutto che l'oratorio per essere tale deve avere qualcuno al suo interno che possa aprire le porte verso l'esterno al fine di essere vicino a chiunque passi di lì quel giorno. Ci ricorda Papa Francesco che "la Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. [...] A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà. [...] La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre". (EG 46-47)
Il recente documento di preparazione al prossimo Sinodo sui giovani (Instrumentum Laboris) al n. 68 indica che i giovani desiderano una Chiesa "meno istituzionale e più relazionale", capace di "accogliere senza giudicare previamente", una Chiesa "amica e prossima", una comunità ecclesiale che sia "una famiglia dove ci si sente accolti, ascoltati, custoditi e integrati". 
Ecco allora l'oratorio, casa fra le case (come soleva chiamarlo san Giovanni Paolo II) è chiamato a educare, a evangelizzare con una porta che si apre e con educatori che si mettono al fianco dei ragazzi per accompagnarne i processi di crescita, fatti di quotidianità.

Fraternità e comunità. Non sono due sinonimi per l'esattezza. Il primo vocabolo ci induce a credere che dicendo "Padre nostro" chi mi sta a fianco sia un mio fratello, e io lo sia per lui. E, si sa, gli amici te li scegli, i fratelli no. La fraternità è la consapevolezza di non essere superiori agli altri. San Francesco (maestro di fraternità) insegnava ai suoi a essere addirittura minori nei confronti di chiunque altro. Il Papa direbbe che si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste [...] senza stancarci mai di scegliere la fraternità. (EG 91)
Se, dunque, la fraternità è anzitutto uno stato di fatto (credere di essere fratello di altri fratelli) la comunità deriva dal mettersi in comunione, ovvero dal mettere in comune chi siamo. In oratorio la comunità si esprime su diversi livelli. In primis l'oratorio è un luogo di incontro per stare in gruppo, per formare un gruppo, per sentirmi parte di un gruppo. Un gruppo, ovvero un insieme di persone che sono bene o male sempre le stesse e di cui io ne faccio parte, con le quali passo del tempo assieme svolgendo qualche attività con il medesimo obiettivo. Tutto quanto accade entro le mura dell'oratorio durante un pomeriggio è caratterizzato da questo stare insieme, fianco a fianco: i compiti sono concepiti con l'intento di trafficare i talenti in un contesto di cooperazione (e non di competizione o di subordinazione), la merenda non è un take-away da consumarsi individualmente ma la condivisione di un (piccolo) pasto, il gioco in cortile libero oppure quello organizzato si articola in un intreccio di relazioni talvolta complesse da gestire ma che creano qualcosa di nuovo. Tuttavia, in oratorio si respira anche una comunità non sempre visibile: chiunque entri, cristiano o no, sa perfettamente che è un luogo abitato anche da altre persone, di altre età, con altri intenti, che si rifanno a quel Gesù Cristo che tanti affascina col suo amore incondizionato. E questo sentore li aiuta a crescere in un'ottica di corresponsabilità e dice tanto di un mondo adulto che ancora esce di casa per incontrarsi a pregare, a far servizio o a stare in compagnia, il tutto in un ambiente che aiuta a far...comunità. "Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un «piccolo gregge» (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!" (EG 92)

Ecco allora che l'oratorio usa il linguaggio delle relazioni per evangelizzare. E per far ciò prende esempio dall'esempio del suo Maestro e dalle parabole sul Regno che egli stesso narrava.

«Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’ «uscita da sé verso il fratello» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. (EG 179)

giovedì 9 agosto 2018

Evangelizzazione, finalità dell'oratorio - PE/2

"La finalità è la prospettiva entro la quale si delinea la proposta educativa" (Il laboratorio dei talenti, CEI) e il progetto educativo degli oratori di Santa Maria degli Angeli si pone una finalità generale: l'evangelizzazione delle giovani generazioni presenti sul territorio, evangelizzazione che coincide con la stessa educazione. 
Se qualche decennio fa teorie di pastorale giovanile indicavano come buona prassi quella di puntare prima sull'educazione e poi sul'evangelizzazione, oggi si è tornati a capire che esse o coincidono o non sono da un punta di vista cristiano. Questo perché se è vero che Gesù è l'uomo che ha vissuto più pienamente la sua umanità (perché più conosci Dio, più conosci l'uomo) allora non si può educare a qualcosa di meno che l'altezza dell'umanità di Cristo e della sua divinità. 
Ecco che allora evangelizzazione ed educazione in oratorio coincidono per cui non c'è motivo di questionare sulla precedenza di una sull'altra o viceversa. 
Di certo l'oratorio ha un suo modo di evangelizzare, un suo stile che è diverso da quello della catechesi, che è diverso da quello della liturgia. L'oratorio evangelizza, dunque educa, nelle relazioni che si vivono.

Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium)

Ci ricorda dunque il Papa che non ci è chiesto di obbligare a scegliere ciò che noi abbiamo scelto ma ci è chiesto di far emergere quel Gesù che è dentro di noi e che dobbiamo fare uscire. Ci è chiesto di essere testimoni, quando serve usando le parole ma soprattutto con l'esempio. Significa far vedere un frammento del Dio che ci ha incontrati quando eravamo ancora peccatori, quando ancora non conoscevamo il suo amore. Non abbiamo fatto nulla per meritarcelo, ma non possiamo tacere ciò che abbiamo visto nella nostra vita. 
Qualcuno potrebbe obiettare che questa strada di evangelizzazione evangelizzi poco o niente, che occorre avere il coraggio di annunciare Cristo. Tuttavia il metodo dell'oratorio non compromette l'annuncio, ma lo trasmette attraverso la quotidianità, quello "stare gomito a gomito con la gente" (in questo caso con la piccola gente) di cui tanto parlava Madeleine Delbrel. Ma non è forse anche una delle strade che ci ha indicato il Signore? Lui stava con tutti, nessuno escluso. Passava del tempo con donne, uomini e bambini, con prostitute e farisei, con i capi dei sacerdoti e coi poveri ai bordi della strada, coi discepoli e con i lebbrosi. La sua mi piace pensarla come una teologia della relazioni. Ma di questo tema ne parleremo nella prossima puntata.
Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo [...]. Tale dinamica incide anche su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio. (Educare alla vita buona del Vangelo, CEI)

martedì 7 agosto 2018

Egli entrò per rimanere con loro - PE/1


"Egli entrò per rimanere con loro" è il titolo del progetto educativo degli oratori della nostra UP. Queste sono parole prese da un versetto del brano dei discepoli di Emmaus in cui si sottolinea che c'è un volontà tutta di Dio di incontrare ciascuno là dove si trova al fine di raggiungerlo e stare per sempre insieme. Ecco perché possiamo leggere il cammino che un ragazzo sperimenta in oratorio simile a questo episodio: il Signore lo riconosci ma non nell’immediato, eppure lo incontri. Lo incontri nei gesti di prossimità di chi ti accompagna, nei silenzi pazienti, nella condivisione del gioco, nel sorriso di un compagno che è diventato progressivamente amico, nel momento della preghiera iniziale prima dei compiti e in altri modi ancora. Lo riconosci quando, come Maria, metti insieme i pezzi e sembra che a Dio poco importi se questo suo rivelarsi giunge anche anni dopo il passaggio in oratorio. Lo riconosci quando comprendi che quel vissuto è stato pane spezzato e condiviso per te, dentro una logica di amore gratuito che è passato attraverso una comunità fino a toccarti il cuore. Un cuore capace di chiedere che questa compagnia possa esserci ogni giorno. «Ed entrò per rimanere con loro». 
In questa "pausa" estiva, vorrei cogliere l'occasione attraverso il blog di dire due parole in più rispetto ad ogni punto del progetto educativo degli oratori, progetto che è stato presentato nel mese di aprile durante il weekend dell'educazione ma che ha visto una partecipazione irrisoria delle comunità. Di certo sono consapevole del fatto che non basti scrivere su questo benedetto blog ma che sarà necessario da parte mia (e non solo) di tanta pazienza e tempo per incontrare ciascuna comunità nel corso del prossimo anno pastorale. Tuttavia perché rimandare quello che può essere fatto oggi attraverso un sano utilizzo delle tecnologie?!
In questo primo articolo, propedeutico a tutti gli altri, (oltre alla premessa già scritta) mi limiterò a indicare i 9 passi che contraddistinguono il progetto (e che saranno oggetto ciascuno di ogni articolo successivo):
1) la finalità
2) i valori fondamentali
3) i bisogni e le risorse
4) le strategie d'intervento
5) gli obiettivi
6) i contenuti della proposta
7) il metodo educativo
8) l'organizzazione
9) la buona notizia
Una volta scritti tutti gli articoli cercherò di trovare il tempo per sistemare il tutto in maniera organica sotto un unico documento scaricabile dal sito. Ricordo tuttavia che abbiamo fatto stampare dei volantini tascabili con il progetto in sintesi (vedi l'immagine), così da poter essere facilmente e velocemente consultato al fine di poter rendere tale progetto alla portata di tutti (anche solo con pensiero e la simpatia). Nessun progetto infatti appartiene a un singolo ma è sempre frutto di una comunità e fatto per essere respirato in comunità.