lunedì 20 agosto 2018

Una strategia d'intervento: il protagonismo giovanile - PE/5

Scegliere una strategia significa decidere su "cosa far leva" per raggiungere le finalità preposte. L'oratorio gioca la carta del protagonismo giovanile, col quale si intende accompagnare i ragazzi a vivere la propria vita (quotidianità e scelte forti) non da spettatori ma da protagonisti appunto. Se accendiamo la tv, siamo al cospetto tante volte di un'ostentazione di protagonismo (e non solo giovanile) specialmente nei talent show in cui l'obiettivo è quello di trovare l'unico talento in grado di sbaragliare tutti gli altri. In oratorio (e nella vita di tutti i giorni ci si dovrebbe sforzare di pensare così al fine di edificare il Regno di Dio) invece il protagonismo diventa tale solo se i talenti di ciascuno vengono messi in comunione gli con gli altri. Non un talento su tutti, ma ciascun talento per il bene di tutti. La logica è fortemente diversa. 
Questo sano protagonismo lo si cerca di vivere in ogni istante del pomeriggio sia per i ragazzi, sia per gli animatori. Gli adulti ci sono ma per non invadere lo spazio dei più giovani cercano di starsene dietro le quinte, con uno sguardo sapiente e attento come quelle del buon pastore che custodisce tutte le pecore, comprese le pecore madri.   
Pertanto, a noi adulti spetta il compito di accompagnare le giovani generazioni, un accompagnamento che non diventa mai sostituzione (mai sconfinare lo spazio altrui, anche se ciò comporterà senz'altro degli errori - e gli errori, se riletti con un adulto, insegnano qualcosa) al fine di 
  • assumersi le proprie responsabilità, 
  • abbattere il muro dell'indifferenza, 
  • aprire lo sguardo al futuro 
  • e le mani a chi ha bisogno
Responsabilità è una parola che significa "essere capaci a rispondere". Ma rispondere a cosa? e soprattutto, rispondere a chi? Si tratta di essere attrezzati a rispondere alla Vita che ti ha chiamato alla vita, si tratta di sentire e rispondere ad un appello del Signore che chiama ciascuno a costruire il suo regno, regno di amore e misericordia. 
Di abbattere muri di indifferenza tanto ha parlato papa Francesco per cui non vorrei dilungarmi tanto. Se pensiamo ai talenti e al tempo che ci sono stati donati come a una serie di mattoncini possiamo pensare di utilizzarli in due modi: o per costruire muri o per costruire ponti. I primi ci isolano e ci danno un'immediata ma effimera sensazione di sicurezza, mentre i secondi ci consentono di metterci in relazione a scapito di uscire dalle nostre (a volte vane) certezze. Significa scegliere di barricarsi come "schiavi in Egitto" (una bella gabbia d'oro, ma pur sempre una gabbia!) oppure fidarsi di Dio che ti chiede di uscire dalla logica di una vita di sussistenza a una di pienezza. La seconda è la logica dell'Esodo, dunque una logica pasquale e l'amore, quello vera, presenta sempre il segno dei chiodi, ma la morte (come quella del chicco di grano caduto in terra) non è l'ultima parola sulla tua vita.
Il futuro è forse il grande tema dei giovani oggi. Anche qui vi invito a leggere il discorso del papa ai giovani riuniti pochi giorni fa al Circo Massimo. Siamo in un contesto molto diverso rispetto anche solo a 15 anni fa, e ancora di più rispetto a 30 anni fa. Dico questo perché spesso i genitori cercano di dare buoni consigli basandosi sul contesto dei loro tempi: mmm. Oggi i ragazzi sono disorientati perché ci sono (quasi) infinite possibilità che si pongono loro davanti. Questo è un bene solo se sono stati educati al discernimento sia nel quotidiano sia nel momento delle scelte forti. Con un'immagine assomiglia alla sindrome del foglio bianco. L'oratorio, nella sua semplicità, accompagna i giovani e giovanissimi a discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e il bene dal meglio, e non solo per se stessi ma in un contesto comunitario come è la realtà che li circonda. 
Infine, ci lasciamo con un personaggio a me molto caro: Simone di Cirene. Perché è bello Simone? Perché attira tanta simpatia e suscita tanta commozione? Perché era un uomo dalle spalle libere che ha aiutato un condannato dalle spalle appesantite! Un giorno il mio padre spirituale di Assisi mi ha detto che coloro che hanno le spalle libere le hanno perché aiutino altri a portare le loro croci senza mai sostituirsi ad essi. Gli animatori di oratorio, nel loro piccolo, fanno questo: si mettono a servizio in ciò che c'è da fare, dall'aiuto nei compiti, alla conduzione di un bans o di un gioco, giocando a loro volta coi ragazzini, pensando a cosa fare per merenda, parlando con loro e ascoltandoli, facendoli sentire importanti ai loro occhi. E ci sono persone che fin dalla loro infanzia sono stati segnati da traumi di distacco con gli adulti di riferimento: in oratorio, case di relazioni che tendono a essere il più simili a quelle del regno dei Cieli, si trova casa per tutti perché ognuno pian piano viene incontro all'altro!

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