L'oggetto
di cui parliamo è l'oratorio: per capire meglio e sinteticamente di
cosa si tratta prendiamo spunto da un documento scritto dal Servizio
di Pastorale Giovanile diocesano [Voglia di Oratorio].
L'oratorio
è una proposta molto aperta che si rivolge a tutti i bambini,
ragazzi, giovani e li introduce in una comunità variegata e molto
versatile che non corrisponde esclusivamente alla comunità
cristiana. È un'attività che ha a che fare con la carità educativa
e non solo con la formazione cristiana: in questo senso dobbiamo
interrogarci maggiormente sul concetto di povertà educativa.
Tre
linee per definire un oratorio
- Cortile. La peculiarità dell'oratorio sta nella sua capacità di accoglienza a 360° (alle periferie direbbe Papa Francesco) che si esprime spazialmente nel cortile aperto.
- L'apertura feriale e con essa l'accoglienza ai ragazzi in maggiore difficoltà
- La necessità di alcune figure educative che garantiscano presenza e continuità
- La varietà dell'offerta formativa, che va dal sostegno scolastico alle attività espressive
- La sfida dell'integrazione culturale degli immigrati e l'accoglienza alle diversità religiose
- Comunità. Le normali attività educative si realizzano in un processo duale: da una parte chi insegna e da una parte chi impara. L'oratorio nasce da una visione educativa di modello comunitario che coinvolge diversi livelli
- La comunità cristiana che progetta e sostiene l'oratorio come un suo spazio di attività
- Attraverso un progetto educativo condiviso e in continua evoluzione
- Il protagonismo progressivo dei ragazzi e dei giovani, nell'ottica della peer-education
- La visione di un welfare di comunità, come proposta cristiana alla società civile, nell'orizzonte di una corretta e solidale sussidiarietà
- Il coinvolgimento di una rete di collaborazioni che travalica i confini della comunità cristiana
- Evangelizzazione. L'oratorio nasce da una comunità plasmata dal Vangelo e vuole annunciare il Vangelo, nella convinzione che Cristo è il Salvatore del mondo. Tuttavia questo annuncio non parte dal pulpito ma dall'incontro coi ragazzi e dall'accoglienza, e non utilizza un linguaggio strettamente religioso.
- Una regia educativo-formativa saldamente legata alla comunità cristiana e alle sue scelte
- Una formazione intensa e intelligente degli educatori e collaboratori a ogni livello
- L'acquisizione di una grammatica del Vangelo capace di parlare le lingue del mondo
- Il riconoscimento di percorsi di salvezza nella vita dei ragazzi nel loro affacciarsi al futuro (dimensione vocazionale)
- Un dialogo aperto e genuino con le istituzioni civili con reciproco riconoscimento di ruoli e diversità
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