«Voi siete il sale
della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più
buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi
siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere
nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi
la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così
risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone
opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. [Mt 5, 13-16]
L’oratorio serve a condurre il ragazzo a una sintesi
armoniosa tra fede e vita. Qualcosa abbiamo già detto, ma qui occorre
riflettere ancora più in profondità. Infatti qui viene presentato il modo con
cui l’oratorio compie l’annuncio evangelico: non è un’azione particolare ma il
modo con cui si riveste ogni azione che si fa in oratorio.
Due caratteristiche che sono lontanissime dalla nostra
cultura: la sintesi e l’armonia. La vita dei ragazzi non cerca la sintesi, ma
l’esperienza continuamente rinnovata; non cerca nemmeno l’armonia ma le
sensazioni forti. Questa è la sfida dell’oratorio: dare la possibilità ad ogni
ragazzo di toccare con mano che la fede non è qualcosa di noioso ma un centro
vitale che può dare consistenza e senso.
In realtà far toccare con mano la bellezza del Vangelo
significa aiutare il ragazzo a dare consistenza alla sua vita: non solo scelte
dettate dal momento, ma volute e desiderate per vedere la vita come la vedeva
Gesù, per amare come Lui. (Don Marco Mori, Presidente del Forum Oratori
Italiani)
Sotto l’aspetto annoiato dei nostri ragazzi, al di là del
loro perder tempo davanti a tante cose futili da parte dei nostri giovanissimi,
si nasconde un potenziale che occorre canalizzare e sprigionare. Ciascuno ha un
sale per cui insaporire la vita (propria e degli altri), ciascuna vita è luce,
luce che splende: il problema non è accenderla ma metterla dove può far luce.
Ecco che scatta l’esigenza di ingaggiare i ragazzi delle superiori perché possano
fare delle loro vite saporite e non insipide, vite che portano luminosità e
sana vivacità e non vite rabbuiate e desolate dalla noia di non saper di essere
importanti…anzi, unici.
Non dobbiamo aver paura dei “no” che di potrebbero dire.
Dovremmo aver paura dei “no” che mettiamo noi per loro senza nemmeno
consultarli perché in fondo non li riteniamo in grado oppure “poverini sono
stanchi da tutte le cose che già devono fare”. Se anche fosse lasciamo a loro
la libertà di pensarci e rispondere. Diamo occasioni di crescita, sfide che intaccano
la quotidianità. Trattiamoli da ragazzi delle superiori: ci si impegna perché possano
superare dignitosamente l’esame di maturità (di maturità) ma per ingaggiarli
per un’impresa come il servizio comunitario in oratorio aspettiamo l’estate perché
come farfalle si trasformino in animatori fantastici. Ed è così. Ma allora
investiamo noi prima di tutto in questa palestra di servizio, palestra di
pazienza, palestra di sguardi di fiducia. Se noi adulti per primi svalutiamo
queste competenze chissà mai che messaggio trasmettiamo ai ragazzi.
Osiamo proporre loro di “perder del tempo” trafficando i
loro talenti e forse avremo scoperto una “banca” fruttuosa per la stessa loro
vita. E questo non è Vangelo? Non è mescolare la vita col Vangelo perchè il Vangelo trasformi la vita in Vita?
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