Ed ecco, in quello
stesso giorno due dei discepoli erano in
cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da
Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre
conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con
loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». (Lc 24, 13-17)
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». (Lc 24, 13-17)
L’oratorio accompagna nella crescita umana e
spirituale. Non divide l’uomo dalla sua spiritualità, non crea
scissione tra ciò che è della persona e ciò che è del Vangelo. È luogo di sintesi e di incontro anche
tra le diverse dimensioni personali che nella nostra cultura vengono spesso
presentate come escludenti o, almeno, indifferenti le une alle altre.
L’oratorio dovrebbe offrire questa possibilità: per questo
risulta enormemente significativo là dove riesce a creare una sintesi tra vita
e fede, un collegamento tra sentimenti e ragione, tra divertimento e
responsabilità… Non ci mancano i percorsi educativi, forse ne abbiamo fin
troppi; ci mancano i luoghi di sintesi
tra i percorsi educativi: l’oratorio si muove dentro questa pretesa e
assume questa sfida.
Come oratorio di
Regina Pacis siamo in grado di assumere questo stile? Siamo consapevoli della
sfide che questo stile incorpora? Prevale la paura di perdere il controllo o la
consapevolezza di essere ispirati dal Signore?
Come oratorio di
Regina Pacis siamo consapevoli del fatto che l’oratorio sia luogo di
evangelizzazione? Siamo consapevoli che il Signore passa attraverso l’incontro
con la vita dei ragazzi? Oppure prevale il separare ciò che sono i percorsi di
fede (ritenuta come unica evangelizzazione) dal tempo passato (e se mai
talvolta sprecato) da parte dei ragazzi fra le mura dell’oratorio?
CIRI
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