“Quando furon vicini
al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al
declino». Egli entrò per rimanere con
loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo
spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo
riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un
l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore
nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?». E partirono
senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli
Undici e gli altri che erano con loro, i quali
dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi
poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto
nello spezzare il pane.” (Lc 24, 28-29)
L’oratorio si adatta ai diversi contesti.
Ogni oratorio unico e irripetibile: nessuna situazione è
così povera da non poter avere un oratorio e nessuna comunità è impedita ad
educare con lo stile dell’oratorio. Anzi: un oratorio è vero nella misura in
cui non copia dagli altri strutture, ambienti o attività, ma si sforza di
pensare e progettare se stesso in relazione alla situazione del proprio paese,
del proprio quartiere, dei propri ragazzi o educatori.
L’oratorio esprime il
volto e la passione educativa della comunità. Che l’ambiente oratoriano
funzioni come cartina tornasole della comunità è esperienza assolutamente
reale: là dove esiste passione educativa, pur in mezzo ad una miriade di
problemi, cresce la fede, la fiducia.
Ci salva solo una rinnovata voglia di essere educatori con
uno stile preciso fatto di coinvolgimento delle persone. La prima ricchezza di
un oratorio coincide con la qualità delle persone che fanno comunità educativa.
Animatori, catechisti e genitori. È lo stile di relazione
educativa fra i diversi soggetti e quindi le diverse attività che fa
dell’oratorio una casa educativa.
L’oratorio non è una scatola che tiene insieme più cose e più persone, ma un
progetto, cioè la possibilità che ognuno trovi il proprio posto ma per costruire
qualcosa di unico e insieme. Avere un progetto e farlo diventare alfabeto
comune di tutti gli educatori permette a ciascuno di assumere un ruolo
educativo che trasfigura la propria dignità: non importa cosa faccio, ma il
fatto che ciò che compio riesce a costruire qualcosa di più grande e di più
bello di me, perché nulla è inutile e tutto è prezioso. (Don Marco Mori,
Presidente del Forum Oratori Italiani)
Che grado segna il termometro della nostra passione
educativa? Abbiamo un cuore pulsante e pensante oppure freddo e distante? Un
cuore pronto a dilatarsi oppure soffriamo di sclerocardia?
Sentiamo che tutte queste domande e provocazioni ci fanno
bene perché ci fanno tenere desti sul da dove partiamo, dove stiamo andando e
come stiamo procedendo oppure ci provocano rancore e angoscia?
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