martedì 9 maggio 2017

Oratorio, una porta per la Chiesa in uscita

Cosa è un oratorio? Cosa fa un oratorio? Dove sta un oratorio? Chi ci va all'oratorio? Quando?
Innanzitutto gli oratori, prima ancora di essere quattro muri coperti da un tetto, sono l'insieme delle persone che li vivono.
Partiamo dunque dai volti e dalle voci di alcuni abitanti dei nostri oratori. Mettiamoci in ascolto di quanto emerge da costoro. 
Con chi sta passando tempo negli oratori, quest'anno abbiamo sentito diverse voci, con volumi e tonalità diverse. Abbiamo visto diversi volti, con colori ed espressioni diverse. Ci siamo messi in ascolto. Questo è il criterio fondamentale per fare oratorio: mettersi in ascolto. Se prendiamo la Bibbia, questo è anche il primo comandamento che Dio lascia in eredità e in Gesù ci dà l'esempio più alto: “Shma Israel! Ascolta Israele!”. Se Dio è colui che per eccellenza sa parlare, l'uomo, quello vero, è colui ha imparato ad ascoltare. In questo esercizio vi rientra chiaramente anche l'osservare. Ascoltare e osservare ci fanno entrare nella contemplazione: il mondo, e l'oratorio è un piccolo mondo, e tutte le creature sono innanzitutto da contemplare. Guai a chi pensa di sapere già tutto! Per educare ci si deve aprire alla contemplazione, sempre. Ecco perché il “sì è sempre fatto così” è una bestemmia. Ricordiamoci che lo Spirito, se davvero è Dio, rende nuove tutte le cose. Non significa fare sempre cose nuove, ma nemmeno replicare. Significa innanzitutto aprirci a prospettive nuove, rinnovare il nostro sguardo. Perché? Perché così fa Dio: quanto è umile.
Apriamo allora lo sguardo a quanto accade nei nostri oratori.
Quando nel gennaio 2016 sono arrivato mi erano stati affidati Regina Pacis e Roncina. Il primo era un oratorio vivo anche durante la settimana, in cui si alternavano ore di doposcuola per le elementari, piccoli laboratori con pochissimi iscritti, uno spazio di cortile aperto a singhiozzo e poco seguito. A Roncina, per contro, non c'era proprio nulla fatto dai ragazzi dell'oratorio: ho cominciato a lavorare convocando i ragazzi delle superiori e mettendomi in ascolto. Come risultato di questo processo (fortemente educativo) si è deciso di aprire l'oratorio al venerdì per stare in compagnia dei bambini, dando disponibilità per fare compiti, merenda, una riflessione sul cartone “Inside Out” e trascorrendo un pomeriggio assieme.
Il mio mandato terminava a giugno per cui con i grest (al quale si era aggiunto anche l'oratorio di Codemondo, che per la prima volta viveva un campo estivo) si concludeva questo pezzo di strada insieme.

Durante l'estate mi è stata fatta una nuova e più abbondante offerta: cinque pomeriggi su cinque all'unità pastorale Santa Maria degli Angeli per seguire gli oratori di Regina Pacis, Roncina, Codemondo e San Bartolomeo (...e finchè ci siamo allunghiamo la lista aggiungendo Spirito Santo perché sta per entrare nel progetto anche lei).
Accettando la proposta ho subito pensato cosa fosse bene fare. Ovviamente prima cosa ascoltare e osservare.
Di fatto, abbiamo aperto al martedì San Bartolomeo per le elementari con anche uno spazio per le medie. Abbiamo mantenuto il venerdì a Roncina. A Regina Pacis abbiamo inserito un giorno (solo) per le medie. Abbiamo individuato la Casa del Giovane di Codemondo per ospitare i ragazzi delle superiori: questo per me è il cuore di tutto il progetto perché l'oratorio aspira a far emergere il protagonismo giovanile, un protagonismo totalmente diverso dai talent show ai quali ci stiamo abituando nei quali uno su mille ce la fa, ma un protagonismo del quotidiano, nel quale si fa fraternità e ci si mette al servizio dei più piccoli. È anche attraverso questo percorso che i ragazzi possono prendere consapevolezza di chi sono e a cosa sono chiamati a diventare. Questa è una prospettiva vocazionale: ognuno di noi è un chiamato alla vita per dare vita. Anche per questo è stato realizzato un percorso di formazione per animatori guidati dalle parole di Papa Francesco all'ultima gmg. Inoltre si è messo in piedi, in accordo anche con l'Istituto scolastico Lepido, un percorso di orientamento per i ragazzi di III media.

Non parliamo però di programmazione, ovvero al chi fa che cosa. Vorrei, piuttosto, stare sulla progettazione che rispondono ad altre domande: da dove si parte, con che stile si viaggio, per andare dove. Abbiamo detto qualcosa sul punto dal quale siamo partiti. Ma come si viaggia? Come si fa oratorio? Questa è la chiave. Se la finalità dell'oratorio è di evangelizzare occorre chiedersi come farlo. Solitamente commettiamo l'errore di relegare l'evangelizzazione al catechismo ma non è così. L'oratorio può dire tanto di Gesù. Di Gesù viene narrata la sua capacità di accogliere tutti, di lasciarsi interrogare dalle vicende della vita, di spingere lo sguardo oltre, di sanare le ferite, di passare tempo a tavola con i peccatori, di pregare assieme ai discepoli, di rimproverare i comportamenti che si discostano dal Regno dei Cieli... Come Gesù. Bisogna fissare lo sguardo su quel benedetto “come”.
Un oratorio che sa accogliere tutti e li saluta migliori di prima è un oratorio che evangelizza.
Un oratorio che sa accompagnare le giovani generazioni nel prendersi delle responsabilità è un oratorio che evangelizza.
Un oratorio che sa far festa senza confondere il ballo con lo sballo è un oratorio che evangelizza.
Un oratorio che sa dire a un adolescente che va male a scuola che ha qualcosa da poter insegnare a un bambino è un oratorio che evangelizza.
Un oratorio che sa essere rifugio per chi a casa non trova spazio è un oratorio che evangelizza.
Un oratorio che si mette in gioco in tutto questo e in altre cose ancora perché desidera proclamare coi fatti che il Regno dei Cieli è vicino nonostante a volte inciampi in incidenti è un oratorio che evangelizza.

Direte “Beh Ciri la fai molto romantica e semplice la questione!”
Mi vengono in mente le parole di San Paolo quando scrive ai Corinzi: “Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio”.

Detto questo proviamo a dirci quali potrebbero essere le prospettive future. Il fatto è che mi è stato affidato un compito da superman: un educatore per cinque oratori.
Le possibilità sono due. La prima sarebbe concentrare tutte le energie su un unico oratorio aperto tutti i giorni. Così facendo però si andrebbero a creare almeno due problemi pastorali: il primo quello di perdere la capillarità con la quale si arriva con tutti e cinque gli oratori: il secondo quello di perdere la peculiarità di ciascun oratorio. Ricordiamoci che aprire un oratorio non è come aprire un McDonald dove tutto è standardizzato: in oratorio tutto è creato su misura.
La seconda possibilità è quella di aprire ogni oratorio un giorno alla settimana e basta. Anche qui però non mancherebbero problemi. Innanzitutto un giorno alla settimana è davvero poco se pensiamo che per educare occorre passare anche tanto tempo insieme per creare una relazione profonda e significativa. In secondo luogo impazzirei del tutto se dovessi far questo da solo.

Sembra dunque non esserci una possibilità migliore di un'altra. Che fare?
Credo che siamo arrivati a una svolta. Riflettiamo insieme. Probabilmente non esiste da nessuna parte in Italia un Progetto educativo costituito non da un solo oratorio ma da tutti gli oratori di queste nuove cose chiamate unità pastorali. Siamo dei pionieri, con tutti gli oneri e gli onori del caso. Facile gestire un oratorio per un educatore? No, ma possibile. Gestire cinque oratori per un educatore è impossibile. E io non faccio differenza.
Credo che il punto di svolta sia questo: creare le basi per una Pastorale Oratoriana. Solo perché non ne abbiamo mai sentito parlare, non significa che sia una parolaccia. Di per sé ogni progetto di oratorio è un progetto comunitario. Ma qui si va ancora oltre. Se l'unità pastorale è comunione di comunità, così sarà anche per i rispettivi oratori...o no?
Dobbiamo pensarci in cammino, sempre. Occorre ancora una volta, e in modo ancora più diffuso mettersi in ascolto, metterci in ascolto. Di chi? Dello Spirito: perché c'è e ci vuole parlare. Se non ci credi non è un problema dello Spirito, ma tuo.
È il momento di prepararci a fare questo scatto: l'oratorio visto come una faccenda bene o male da delegare a poche persone, a un'impresa di comunità. La dico grossa: prendersi cura delle giovani generazioni per una comunità è questione vitale, come il prendersi cura dei poveri è una questione vitale per una comunità cristiana. Cristiana.

Un'idea per il prossimo anno. Immaginiamo di aprire le porte di Roncina due volte a settimana anziché una e far la stessa cosa con San Bartolomeo. Immaginiamo di mantenere le quattro giornate di Regina Pacis (cinque se pensiamo al martedì per la terza età....progetto meraviglioso, complimenti a chi lo ha messo in piedi). Immaginiamo di aprire Spirito Santo tre giornate per le medie, con un accompagnamento a piccolo gruppo perchè con le medie i grandi numeri sono impensabili.
Non vi pare un bello spettacolo?
Non riuscite a cogliere i volti, i cammini, le storie, i sogni, i fallimenti, le litigate, le riconciliazioni, l'entusiasmo di tutte questa folla?
Davanti alla folla affamata Gesù ha davanti a sé solamente un ragazzo con cinque pani e due pesci: cosa è questo per così tanta gente?
Non tanto Ciri, ma Gesù sta andando alla ricerca dei pani e dei pesci presenti in questa unità pastorale, in particolare dei giovani (ma non solo). Pani e pesci, talenti, disponibilità di chi crede in un futuro possibile e migliore.

Non si può però improvvisare un cambiamento, tanto più quando esso è davanti alla libertà di un mare di gente. Mio compito da adesso in avanti sarà soprattutto quello di prepararvi a diventare responsabilmente una comunione di comunità educanti.
Come primo fondamentale passo (oltre al Weekend dell'Educazione che abbiamo vissuto) sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre sarà indetto nella nostra unità pastorale un Primo Sinodo sugli Oratori. Non è un modo per scimmiottare il Sinodo sui Giovani che si terrà a Roma a ottobre fra i vescovi. È una modalità di aprirsi come comunità a ciò che lo Spirito sta cercando di dirci qui e ora. Il Sinodo sugli Oratori sarà un esercizio di discernimento comunitario. Esercizio non perché è una cosa finta ma perché dobbiamo imparare a fare discernimento comunitario. Per questo in vista di questo appuntamento preparerò del materiale apposta per chi desidererà partecipare. Non sarà dibattito ma discernimento. È molto diverso. Informazioni più dettagliate verranno divulgate a tempo opportuno.

Vado terminando lasciandovi alcuni consigli di letture interessanti. In primis tenete monitorato il blog degli oratori di Santa Maria degli Angeli sul quale trovate riflessioni e informazioni utili. Anche questo servizio lo comincerò a prendere più in mano rispetto a prima proprio perchè il mio deve diventare sempre più un ruolo generativo e di regia (il mio è un mandato di tre anni).
Due libri molto belli sugli oratori sono “Un Oratorio per educare” di don Marco Mori e “I ragazzi dell'oratorio”. Quest'ultimo è più complesso ma va nel profondo delle questioni.

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