Innanzitutto
gli oratori, prima ancora di essere quattro muri coperti da un tetto,
sono l'insieme delle persone che li vivono.
Partiamo
dunque dai volti e dalle voci di alcuni abitanti dei nostri oratori.
Mettiamoci in ascolto di quanto emerge da costoro.
Con chi sta passando tempo negli oratori, quest'anno abbiamo
sentito diverse voci, con volumi e tonalità diverse. Abbiamo visto
diversi volti, con colori ed espressioni diverse. Ci siamo messi in
ascolto. Questo è il criterio fondamentale per fare oratorio:
mettersi in ascolto. Se prendiamo la Bibbia, questo è anche il primo
comandamento che Dio lascia in eredità e in Gesù ci dà l'esempio
più alto: “Shma Israel! Ascolta Israele!”. Se Dio è colui che
per eccellenza sa parlare, l'uomo, quello vero, è colui ha imparato
ad ascoltare. In questo esercizio vi rientra chiaramente anche
l'osservare. Ascoltare e osservare ci fanno entrare nella
contemplazione: il mondo, e l'oratorio è un piccolo mondo, e tutte
le creature sono innanzitutto da contemplare. Guai a chi pensa di
sapere già tutto! Per educare ci si deve aprire alla contemplazione,
sempre. Ecco perché il “sì è sempre fatto così” è una
bestemmia. Ricordiamoci che lo Spirito, se davvero è Dio, rende
nuove tutte le cose. Non significa fare sempre cose nuove, ma nemmeno
replicare. Significa innanzitutto aprirci a prospettive nuove,
rinnovare il nostro sguardo. Perché? Perché così fa Dio: quanto è
umile.
Apriamo
allora lo sguardo a quanto accade nei nostri oratori.
Quando
nel gennaio 2016 sono arrivato mi erano stati affidati Regina Pacis e
Roncina. Il primo era un oratorio vivo anche durante la settimana, in
cui si alternavano ore di doposcuola per le elementari, piccoli
laboratori con pochissimi iscritti, uno spazio di cortile aperto a
singhiozzo e poco seguito. A Roncina, per contro, non c'era proprio
nulla fatto dai ragazzi dell'oratorio: ho cominciato a lavorare convocando i
ragazzi delle superiori e mettendomi in ascolto. Come risultato di
questo processo (fortemente educativo) si è deciso di aprire
l'oratorio al venerdì per stare in compagnia dei bambini, dando
disponibilità per fare compiti, merenda, una riflessione sul cartone
“Inside Out” e trascorrendo un pomeriggio assieme.
Il
mio mandato terminava a giugno per cui con i grest (al quale si era
aggiunto anche l'oratorio di Codemondo, che per la prima volta viveva un campo estivo) si concludeva questo
pezzo di strada insieme.
Durante
l'estate mi è stata fatta una nuova e più abbondante offerta:
cinque pomeriggi su cinque all'unità pastorale Santa Maria degli
Angeli per seguire gli oratori di Regina Pacis, Roncina, Codemondo e
San Bartolomeo (...e finchè ci siamo allunghiamo la lista aggiungendo
Spirito Santo perché sta per entrare nel progetto anche lei).
Accettando
la proposta ho subito pensato cosa fosse bene fare. Ovviamente prima
cosa ascoltare e osservare.
Di
fatto, abbiamo aperto al martedì San Bartolomeo per le elementari
con anche uno spazio per le medie. Abbiamo mantenuto il venerdì a
Roncina. A Regina Pacis abbiamo inserito un giorno (solo) per le
medie. Abbiamo individuato la Casa del Giovane di Codemondo per
ospitare i ragazzi delle superiori: questo per me è il cuore di
tutto il progetto perché l'oratorio aspira a far emergere il
protagonismo giovanile, un protagonismo totalmente diverso dai talent
show ai quali ci stiamo abituando nei quali uno su mille ce la fa, ma
un protagonismo del quotidiano, nel quale si fa fraternità e ci si
mette al servizio dei più piccoli. È anche attraverso questo
percorso che i ragazzi possono prendere consapevolezza di chi sono e
a cosa sono chiamati a diventare. Questa è una prospettiva
vocazionale: ognuno di noi è un chiamato alla vita per dare vita. Anche per questo è stato realizzato un percorso di formazione per animatori guidati dalle parole di Papa Francesco all'ultima gmg. Inoltre si è messo in piedi, in accordo anche con l'Istituto scolastico Lepido, un percorso di orientamento per i ragazzi di III media.
Non parliamo però di programmazione, ovvero al chi fa che cosa. Vorrei, piuttosto, stare sulla progettazione che rispondono ad
altre domande: da dove si parte, con che stile si viaggio, per andare
dove. Abbiamo detto qualcosa sul punto dal quale siamo partiti. Ma
come si viaggia? Come si fa oratorio? Questa è la chiave. Se la
finalità dell'oratorio è di evangelizzare occorre chiedersi come
farlo. Solitamente commettiamo l'errore di relegare
l'evangelizzazione al catechismo ma non è così. L'oratorio può
dire tanto di Gesù. Di Gesù viene narrata la sua capacità di
accogliere tutti, di lasciarsi interrogare dalle vicende della vita,
di spingere lo sguardo oltre, di sanare le ferite, di passare tempo a
tavola con i peccatori, di pregare assieme ai discepoli, di
rimproverare i comportamenti che si discostano dal Regno dei Cieli...
Come Gesù. Bisogna fissare lo sguardo su quel benedetto “come”.
Un
oratorio che sa accompagnare le giovani generazioni nel prendersi
delle responsabilità è un oratorio che evangelizza.
Un
oratorio che sa far festa senza confondere il ballo con lo sballo è
un oratorio che evangelizza.
Un
oratorio che sa dire a un adolescente che va male a scuola che ha
qualcosa da poter insegnare a un bambino è un oratorio che
evangelizza.
Un
oratorio che sa essere rifugio per chi a casa non trova spazio è un
oratorio che evangelizza.
Un
oratorio che si mette in gioco in tutto questo e in altre cose ancora
perché desidera proclamare coi fatti che il Regno dei Cieli è
vicino nonostante a volte inciampi in incidenti è un
oratorio che evangelizza.
Direte
“Beh Ciri la fai molto romantica e semplice la questione!”
Mi
vengono in mente le parole di San Paolo quando scrive ai Corinzi:
“Abbiamo
questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa
straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In
tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti,
ma non disperati; perseguitati,
ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando
sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche
la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre
infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di
Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne
mortale. Cosicché
in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio”.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio”.
Detto
questo proviamo a dirci quali potrebbero essere le prospettive
future. Il fatto è che mi è stato affidato un compito da superman:
un educatore per cinque oratori.
Le
possibilità sono due. La prima sarebbe concentrare tutte le energie
su un unico oratorio aperto tutti i giorni. Così facendo però si
andrebbero a creare almeno due problemi pastorali: il primo quello di
perdere la capillarità con la quale si arriva con tutti e cinque gli
oratori: il secondo quello di perdere la peculiarità di ciascun
oratorio. Ricordiamoci che aprire un oratorio non è come aprire un
McDonald dove tutto è standardizzato: in oratorio tutto è creato su
misura.
La seconda possibilità è
quella di aprire ogni oratorio un giorno alla settimana e basta.
Anche qui però non mancherebbero problemi. Innanzitutto un giorno
alla settimana è davvero poco se pensiamo che per educare occorre
passare anche tanto tempo insieme per creare una relazione profonda e
significativa. In secondo luogo impazzirei del tutto se dovessi far
questo da solo.
Sembra dunque non esserci
una possibilità migliore di un'altra. Che fare?
Credo che siamo arrivati
a una svolta. Riflettiamo insieme. Probabilmente non esiste da
nessuna parte in Italia un Progetto educativo costituito non da un
solo oratorio ma da tutti gli oratori di queste nuove cose chiamate
unità pastorali. Siamo dei pionieri, con tutti gli oneri e gli onori
del caso. Facile gestire un oratorio per un educatore? No, ma
possibile. Gestire cinque oratori per un educatore è impossibile. E
io non faccio differenza.
Credo che il punto di
svolta sia questo: creare le basi per una Pastorale Oratoriana. Solo
perché non ne abbiamo mai sentito parlare, non significa che sia una
parolaccia. Di per sé ogni progetto di oratorio è un progetto
comunitario. Ma qui si va ancora oltre. Se l'unità pastorale è
comunione di comunità, così sarà anche per i rispettivi
oratori...o no?
Dobbiamo pensarci in
cammino, sempre. Occorre ancora una volta, e in modo ancora più
diffuso mettersi in ascolto, metterci in ascolto. Di chi? Dello
Spirito: perché c'è e ci vuole parlare. Se non ci credi non è un
problema dello Spirito, ma tuo.
È il momento di
prepararci a fare questo scatto: l'oratorio visto come una faccenda
bene o male da delegare a poche persone, a un'impresa di comunità.
La dico grossa: prendersi cura delle giovani generazioni per una
comunità è questione vitale, come il prendersi cura dei poveri è
una questione vitale per una comunità cristiana. Cristiana.
Un'idea per il prossimo
anno. Immaginiamo di aprire le porte di Roncina due volte a settimana
anziché una e far la stessa cosa con San Bartolomeo. Immaginiamo di
mantenere le quattro giornate di Regina Pacis (cinque se pensiamo al
martedì per la terza età....progetto meraviglioso, complimenti a
chi lo ha messo in piedi). Immaginiamo di aprire Spirito Santo tre
giornate per le medie, con un accompagnamento a piccolo gruppo perchè
con le medie i grandi numeri sono impensabili.
Non vi pare un bello
spettacolo?
Non riuscite a cogliere i
volti, i cammini, le storie, i sogni, i fallimenti, le litigate, le
riconciliazioni, l'entusiasmo di tutte questa folla?
Davanti alla folla
affamata Gesù ha davanti a sé solamente un ragazzo con cinque pani
e due pesci: cosa è questo per così tanta gente?
Non tanto Ciri, ma Gesù
sta andando alla ricerca dei pani e dei pesci presenti in questa
unità pastorale, in particolare dei giovani (ma non solo). Pani e
pesci, talenti, disponibilità di chi crede in un futuro possibile e
migliore.
Non si può però
improvvisare un cambiamento, tanto più quando esso è davanti alla
libertà di un mare di gente. Mio compito da adesso in avanti sarà
soprattutto quello di prepararvi a diventare responsabilmente una
comunione di comunità educanti.
Come primo fondamentale
passo (oltre al Weekend dell'Educazione che abbiamo vissuto) sabato 30
settembre e domenica 1 ottobre sarà indetto nella nostra unità
pastorale un Primo Sinodo sugli Oratori. Non è un modo per
scimmiottare il Sinodo sui Giovani che si terrà a Roma a ottobre fra
i vescovi. È una modalità di aprirsi come comunità a ciò che lo
Spirito sta cercando di dirci qui e ora. Il Sinodo sugli Oratori sarà
un esercizio di discernimento comunitario. Esercizio non perché è
una cosa finta ma perché dobbiamo imparare a fare discernimento
comunitario. Per questo in vista di questo appuntamento preparerò
del materiale apposta per chi desidererà partecipare. Non sarà
dibattito ma discernimento. È molto diverso. Informazioni più
dettagliate verranno divulgate a tempo opportuno.
Vado terminando
lasciandovi alcuni consigli di letture interessanti. In primis tenete
monitorato il blog degli oratori di Santa Maria degli Angeli sul
quale trovate riflessioni e informazioni utili. Anche questo servizio
lo comincerò a prendere più in mano rispetto a prima proprio perchè
il mio deve diventare sempre più un ruolo generativo e di regia (il
mio è un mandato di tre anni).
Due libri molto belli
sugli oratori sono “Un Oratorio per educare” di don Marco Mori e
“I ragazzi dell'oratorio”. Quest'ultimo è più complesso ma va
nel profondo delle questioni.
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