Questo è il titolo del Convegno
Nazionale di Pastorale Giovanile che si terrà da lunedì 20 a giovedì 23 febbraio a Bologna, al quale sono
stato invitato a partecipare dal Servizio di Pastorale Giovanile Diocesana.
Sono molto contento di
partecipare finalmente e per la prima volta a questa settimana in cui chi
occupa posizioni di responsabilità sul cammino dei giovani a livello nazionale
si prende il tempo per riflettere sui percorsi delle giovani generazioni, sul
come prendercene cura qui e oggi.
Porterò con me l’esperienza che
sto facendo nella vostra (nostra) unità pastorale di Santa Maria degli Angeli,
con tutti i suoi oratori così diversi fra loro e così unici, ma soprattutto con
i vostri volti, in particolare dei giovcnia. Avere quasi una settimana in cui
fermarmi e stare in ascolto non potrà che essere fecondo sia per me che per
tutta la comunità.
Salvami dalla presunzione di sapere
tutto, dall’arroganza di chi non ammette dubbi; dalla durezza di chi non
tollera ritardi; dal rigore di chi non perdona debolezze; dall’ipocrisia di chi
salva i principi e uccide le persone. Trasportami, dal Tabor della
contemplazione, alla pianura dell’impegno quotidiano. E se l’azione inaridirà
la mia vita, riconducimi sulla montagna del silenzio. Dalle alture scoprirò i
segreti della “contempl-attività”, e il mio sguardo missionario arriverà più
facilmente agli estremi confini della terra” [don Tonino Bello, Preghiera
dell’Educatore]
Queste parole scritte da don
Tonino Bello rispecchiano lo spirito con cui cercherò di vivere questi giorni
per poi tornare con maggiori consapevolezze, idee più accurate e lo sguardo più
attento. L’attesa e la cura infatti sono due prospettive che ogni educatore
dovrebbe coltivare. Attendere i ragazzi, attendere che decidano di mettere in
gioco i propri talenti, attendere che arrivino i primi fragili frutti,
attendere che un’intera comunità si apra all’altro, al diverso. La cura di chi
si fa prossimo, la cura di chi decide di affiancare il cammino di altri
partendo in punta di piedi, la cura come medicina per educare alla vita buona
del Vangelo, la cura come gesti e attenzioni che decentrano da sé per aprirsi
al mondo altrui.
Al centro di ogni azione
educativa vi è la relazione: la relazione con gli altri, con se stessi, con
Dio. O le tre dimensioni vanno insieme o non vanno. La relazione a poco a poco
rende per te l’altro unico e non più uno come tanti. Che bello sarebbe se ancor
di più l’oratorio diventasse per tutta la comunità dei cristiani la casa delle
relazioni libere e liberanti, ovvero in cui si sperimentano l’attesa e la cura.
ciri
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