venerdì 17 febbraio 2017

L'attesa e la cura


Questo è il titolo del Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile che si terrà da lunedì 20 a  giovedì 23 febbraio a Bologna, al quale sono stato invitato a partecipare dal Servizio di Pastorale Giovanile Diocesana.
Sono molto contento di partecipare finalmente e per la prima volta a questa settimana in cui chi occupa posizioni di responsabilità sul cammino dei giovani a livello nazionale si prende il tempo per riflettere sui percorsi delle giovani generazioni, sul come prendercene cura qui e oggi.
Porterò con me l’esperienza che sto facendo nella vostra (nostra) unità pastorale di Santa Maria degli Angeli, con tutti i suoi oratori così diversi fra loro e così unici, ma soprattutto con i vostri volti, in particolare dei giovcnia. Avere quasi una settimana in cui fermarmi e stare in ascolto non potrà che essere fecondo sia per me che per tutta la comunità.

Salvami dalla presunzione di sapere tutto, dall’arroganza di chi non ammette dubbi; dalla durezza di chi non tollera ritardi; dal rigore di chi non perdona debolezze; dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone. Trasportami, dal Tabor della contemplazione, alla pianura dell’impegno quotidiano. E se l’azione inaridirà la mia vita, riconducimi sulla montagna del silenzio. Dalle alture scoprirò i segreti della “contempl-attività”, e il mio sguardo missionario arriverà più facilmente agli estremi confini della terra” [don Tonino Bello, Preghiera dell’Educatore]

Queste parole scritte da don Tonino Bello rispecchiano lo spirito con cui cercherò di vivere questi giorni per poi tornare con maggiori consapevolezze, idee più accurate e lo sguardo più attento. L’attesa e la cura infatti sono due prospettive che ogni educatore dovrebbe coltivare. Attendere i ragazzi, attendere che decidano di mettere in gioco i propri talenti, attendere che arrivino i primi fragili frutti, attendere che un’intera comunità si apra all’altro, al diverso. La cura di chi si fa prossimo, la cura di chi decide di affiancare il cammino di altri partendo in punta di piedi, la cura come medicina per educare alla vita buona del Vangelo, la cura come gesti e attenzioni che decentrano da sé per aprirsi al mondo altrui.
Al centro di ogni azione educativa vi è la relazione: la relazione con gli altri, con se stessi, con Dio. O le tre dimensioni vanno insieme o non vanno. La relazione a poco a poco rende per te l’altro unico e non più uno come tanti. Che bello sarebbe se ancor di più l’oratorio diventasse per tutta la comunità dei cristiani la casa delle relazioni libere e liberanti, ovvero in cui si sperimentano l’attesa e la cura.

ciri



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