Di ritorno
dall’esperienza del Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile ho pensato a come
condividere in maniera utile ma leggera gli interventi ascoltati. Ho pensato di
scrivere sul blog la sintesi dei miei appunti. È dunque un misto fra ciò che
sta detto e ciò che ho raccolto: il mio punto di vista, i miei vissuti, le mie
intuizioni si fondo a ciò che è stato detto. Ricordiamoci che ogni buon racconto
chiede di essere ascoltato, meditato e interpretato. Di seguito la sintesi del
primo incontro. (Gli atti del Convegno sono scaricabili dal sito della Pastorale Giovanile Nazionale)
Dott. Vittorino Andreoli (psichiatra)

Educare significa
insegnare a vivere: oggi ci sono ragazzi che non sanno vivere. Dovete fare
amare cosa è la vita: questo è il centro dell’educazione. Il dolore è parte del
mistero della vita: abbiamo cresciuto una generazione che non tollera il
dolore. È la relazione che definisce il ruolo dell’educatore: non è uno status
acquisito una volta per sempre. Educare è incontrare il profondo che è nell’altro
ed è un continuo inventar piste per raggiungerlo.
L’adulto oggi
è in crisi. Crisi significa un conflitto fra essere e voler essere, fra l’io
attuale e l’io ideale. L’educatore è un uomo in crisi e questa aiuterà
l’educatore: questa è la grandezza dell’educazione alla e della fragilità. La
fragilità è una condizione esistenziale, dice di un uomo che si fa domande e
non trova riposte dentro di sé. Un educatore è bene che senta i suoi limiti:
una fragilità opposta al potere. La gioia riguarda il noi e non l’io. In una
società dove domina l’invidia occorre trasmettere la gioia del noi.
Il legame si
differenzia dall’emozione perché fa sentire la presenza dell’assenza. Gesù è
l’esempio più straordinario di uomo fragile: “Ho sete”. C’è qualcosa di più
umano di avvertire sete?