Care amiche e amici delle comunità di Santa Maria degli Angeli,
non potendo incontrarvi tutti di persona ho pensato di scrivervi una lettera.
Sono molto contento ed entusiasta
del fatto che abbiate scelto di avermi tutta la settimana per tre anni, anche
se confesso che lasciare l’Oratorio di via Adua non è stato e non è cosa facile
per me.
Con queste righe, vorrei non solo darvi
delle informazioni ma soprattutto condividere un pensiero, uno stile, uno
sguardo. Partiamo dal fatto che da lunedì prossimo comincerà il progetto degli
oratori. So che la prima vostra
preoccupazione sarà quella di dire che non è stato pubblicizzato l’inizio: come
darvi torto? Ma vi confesso che è molto più importante partire con calma, con
il ritmo giusto per i primi passi, come si fa per una maratona. Infatti questo
progetto è un percorso, un processo: non si tratta di correre i 100 metri
piani, nemmeno i 1000 metri…qua stiamo per iniziare una maratona. Una maratona
che prevede accessi anche dopo la partenza. Questo ci impedirà probabilmente di
essere gasati e dal poter gridare “eravamo in 40, 60, 100!!”. Ma questa non è
la nostra sfida (ammesso che sia la sfida di qualche oratorio…cosa della quale
dubito fortemente). Noi partiremo con quei pochi che vorranno montar su, e pian
piano saranno eventualmente questi i nostri migliori biglietti da visita. D’altronde
non mi sembra che Gesù, del quale noi siamo discepoli, abbia iniziato tanto
diversamente: 12 uomini e nemmeno tanto in gamba per la sua missione.
Un secondo punto che vorrei
sottolineare è che un oratorio di fonda sul protagonismo giovanile, e lo va a
svegliare, a stanare e a sviluppare. Per questo la mia attenzione sarà
soprattutto sui ragazzi delle superiori: sono questi i più “poveri” fra i
giovanissimi. Si sentono dire che sono sempre troppo grandi o troppo piccoli.
Dentro questo progetto non troveranno posto solo come risorse ma come persone a
360°. Essi non saranno, pertanto, solo ingaggiati alla “scuola del servizio”
(doposcuola, cortile, laboratori…). Per essi abbiamo pensato a un
accompagnamento personale, un percorso formativo come animatori di oratorio
suddiviso in tre tappe e uno spazio e un tempo (la Casa del Giovane di
Codemondo al giovedì pomeriggio) per “essere comunità”.
Come terzo punto vorrei dirvi che
questo è probabilmente il primo progetto di oratori a livello di unità
pastorale (quanto meno sul nostro territorio). Potremmo chiamarla “Carovana
degli Oratori”: infatti, a differenza di altri posti, non abbiamo individuato
un oratorio un cui contrare le attività di tutta un’unità pastorale, come una
grossa vena o arteria. Ci siamo piuttosto considerati un insieme di capillari,
che vorrebbero generare vita fino agli estremi confini delle nostre periferie,
capaci di portare nulla se non l’abbraccio del Padre misericordioso, quel Padre
che vede nel segreto e ti ricompenserà. Sì, non suoneremo la tromba in piazza e
nemmeno allungheremo i nostri filatteri perché la gente veda e ci dia lode.
Saremo sul territorio, in giornate qualunque, abiteremo il quotidiano, dove la
vita attenda di essere accolta…magari con un gioco, con una riflessione,
facendo i compiti, dando speranza, ascoltando, ascoltando e di nuovo
ascoltando. Per questo faremo un incontro coi genitori dei primi ragazzini
iscritti a metà novembre e non prima. Certo, spargete voce, attivate
passa-parola, divulgate i volantini, leggete e fate leggere le locandine. Solo
non ci scappi la frenesia per l’evento ma ci accompagni la pace di un percorso
duraturo, che comincia in sordina, ma che come qualsiasi pianta cresce pian
piano e come faccio ,il contadino, nemmeno lui, lo sa.
Questo progetto, che nel concreto
vedrete meglio dalle slide come si declina, mette al centro l’essere casa.
Innanzitutto l’essere casa di Dio, il quale è Lui che ti manda a prenderti cura
dei ragazzi. “Mi ami, Pietro? Pasci le mie pecorelle!”. Sarà casa del giovane
se sarà prima casa dello Spirito Santo. “Non rattristate lo Spirito”. Sarà casa
del discernimento se sarà prima casa di meditazione. Sarà casa di accoglienza
se sarà prima casa di preghiera. Tutto parta e ritorni al Padre, il quale
“completerà per me l’opera sua” recita il salmista. L’opera non è né mia, né
tua: è del Padre che “sa già di quali cose abbiamo bisogno”. Non chiniamoci
sulle nostre pance che ci fanno vedere problemi quelli che invece sono dei
passaggi necessari. Alziamo lo sguardo perché Dio c’è e non sono io…e nemmeno
tu. Dio c’è e la cosa grande è che ci ha chiamato ad aiutarlo, a entrare nel
suo progetto che è sempre di amore e di fedeltà. Non lasciamoci ingannare dalle
vanaglorie, ma guardiamo “a Lui e saremo raggianti”. Questo significa guardar
con altri occhi ai momenti di croce. “Ci sono alcuni cristiani che vivono la
fede come una Quaresima senza Pasqua” dice Papa Francesco. Recuperiamo la gioia
del Vangelo. Come? Lasciandoci toccare da Dio senza fretta di trovare
“risoluzioni umane” ma con la fede di cercare “risurrezioni divine”.
Mi spiace non essere stato dei
vostri, di poter avervi visto in faccia mentre condividevo queste cose (magari
qualcuno mi avrebbe in realtà guardato male per cui forse è meglio così).
Penserete che abbia i piedi fra le nuvole. Tutt’altro. Il discepolo di Gesù ha
gli occhi rivolti al Cielo e le scarpe ben salde a terra perché la vuole
rendere migliore, la vuol far assomigliare almeno un pochino a quel Regno dei
Cieli che nasce nel quotidiano e può portare molto frutto.
Vi lascio con una riflessione,
che detta col cuore penso possa essere una splendida preghiera.
Grazie di cuore,
ciri
La differenza dello
Spirito
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano;
Cristo resta nel passato;
il Vangelo è lettera morta;
la Chiesa una semplice organizzazione;
l'autorità un dominio;
la missione una propaganda;
il culto una rievocazione
e l'agire cristiano un moralismo.
Con Lui invece: il cosmo si solleva
e geme ma nelle doglie del parto,
il Cristo risuscitato è presente,
il Vangelo è potenza di vita,
la Chiesa significa comunione trinitaria,
l'autorità è servizio liberatore,
la missione è Pentecoste,
la liturgia è memoriale e profezia,
l'agire umano è deificato.