Sceso
dalla barca, egli vide una grande folla,
ebbe compassione di loro,
perché erano come pecore che non hanno pastore
ebbe compassione di loro,
perché erano come pecore che non hanno pastore
[Mc
6,34]

Giovanissimi
allo sbando, alla ricerca di qualcosa che valga la pena di assaporare
come emozione forte e immediata. Adolescenti che si stanno bruciando
lentamente, come quelle prime sigarette che qualcuno di loro accende
per dimostrare di sfidare il mondo. Ragazze e ragazzi che, passando
di strada in strada, sono giunti alle porte di una Chiesa, sulla
pista del suo cortile...quasi per caso. Stanno errando (in tutti i
due sensi che il vocabolario ci indica) ma ora si sono, almeno per
qualche tempo, fermati. Forse ci è dato un compito, oserei dire una
missione: fare tutto quello che possiamo per far in modo che non
siano più come pecore senza pastore.
Sono
entrato in contatto con loro e, nonostante tante volte le pani
comincino a prudere, la maggior parte di loro è simpatica e
semplice: sanno accogliere (a modo loro si intende) e hanno piacere
che ci si faccia loro vicini, ci si interessi a loro.
Da
quando con anche Alex, Arianna e Ilaria li abbiamo incontrati per la
prima volta subito ci ha preso una forte compassione e anche una
abissale paura. Sono proprio i due stati d'animo che permeano nella
prima parte del brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci,
versetti che seguono quelli che introducono questo articolo. La
compassione di vedere adolescenti senza alcuno che stia con loro, che
faccia capire loro che ci sono dei limiti, che la loro vita è
preziosa e irripetibile, che li sproni a dare il meglio e non il
peggio, a impegnarsi e non a lasciarsi andare, a desiderare di volare
in alto anziché sprofondare su una panchina per ore e ore senza
concludere nulla. La paura di non sapere cosa fare, come intervenire,
chi interpellare, che progettualità intraprendere. Ci manca la
comunità ed è soprattutto per questo che scrivo.
Essendosi
ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo
luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo
che, andando per le campagne e i vicini, possano comprarsi da
mangiare». Ma egli rispose: «Date loro voi stessi da mangiare».
[Mc 6,36-37]
I
discepoli conoscono tutta la loro impotenza davanti a tanta folla
affamata. Anche questi giovani sono affamati, affamati di profonda
felicità, di legami duraturi e saldi, di sguardi carichi di fiducia
e di paletti da non oltrepassare. Insomma sono affamati di vita. È
la stessa fame ed è la stessa sete che interessa incontrare a Gesù.
Ed è lui che invita i suoi a dare loro stessi da mangiare. Darsi in
pasto agli affamati. Diventare forse anche prede, come pecore in
mezzo ai lupi. Il tema delle pecore è molto caro al Signore: vede i
possibili agnelli di domani nei lupi di oggi. E noi che facciamo? Li
vogliamo “licenziare”? Li vogliamo allontanare perché non creino
problemi? Dovremmo invece capire che questi adolescenti i problemi se
li portano dietro di strada in strada, qualunque essa sia e se oggi
per un qualche strano motivo sono fermi sui nostri pascoli, nel
cortile di un nostro (e dico nostro) oratorio abbiamo il dovere di
fare la volontà di Dio: dare loro noi stessi da mangiare.
Attenzione, non sto banalizzando un martirio. Sto dicendo che come
comunità abbiamo l'obbligo di sporcarci le mani con ciò che non è
bello per renderlo tale. Non dico di lasciarci fare tutto quello che
questi ragazzi vogliono. Al contrario dobbiamo impedirglielo, ma
trovando i tempi e i modi per stare con loro.
«Quanti
pani avete? Andate a vedere».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
[Mc
6,38]

“La
messe è abbondante ma gli operai sono pochi”.
Abbiamo
bisogno al più presto di pastori operai.
Ciri
ciri46@hotmail.it
Nessun commento:
Posta un commento