venerdì 13 ottobre 2017

Cortile di Spirito Santo: come pecore senza pastore

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla,
ebbe compassione di loro,
perché erano 
come pecore che non hanno pastore
[Mc 6,34]

Da qualche settimana durante il pomeriggio gli spazi esterni dell'oratorio di Spirito Santo sono frequentati da una moltitudine di ragazzi delle medie e primi anni delle superiori: fra i 20 e i 40 al giorno. Mi sarebbe piaciuto scrivere che questi spazi sono abitati dai ragazzi ma il verbo abitare riconduce al concetto di casa, ma di casa oggi a questi ragazzi non interessa. Cercano posti dove sfuggire all'educazione degli adulti, luoghi in cui poter fare quello che pare e piace, fosse anche dare fuoco a un barattolo di benzina per “divertimento” (vale a dire noia) con tutti i pericoli annessi per se stessi e le strutture.
Giovanissimi allo sbando, alla ricerca di qualcosa che valga la pena di assaporare come emozione forte e immediata. Adolescenti che si stanno bruciando lentamente, come quelle prime sigarette che qualcuno di loro accende per dimostrare di sfidare il mondo. Ragazze e ragazzi che, passando di strada in strada, sono giunti alle porte di una Chiesa, sulla pista del suo cortile...quasi per caso. Stanno errando (in tutti i due sensi che il vocabolario ci indica) ma ora si sono, almeno per qualche tempo, fermati. Forse ci è dato un compito, oserei dire una missione: fare tutto quello che possiamo per far in modo che non siano più come pecore senza pastore.
Sono entrato in contatto con loro e, nonostante tante volte le pani comincino a prudere, la maggior parte di loro è simpatica e semplice: sanno accogliere (a modo loro si intende) e hanno piacere che ci si faccia loro vicini, ci si interessi a loro.
Da quando con anche Alex, Arianna e Ilaria li abbiamo incontrati per la prima volta subito ci ha preso una forte compassione e anche una abissale paura. Sono proprio i due stati d'animo che permeano nella prima parte del brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci, versetti che seguono quelli che introducono questo articolo. La compassione di vedere adolescenti senza alcuno che stia con loro, che faccia capire loro che ci sono dei limiti, che la loro vita è preziosa e irripetibile, che li sproni a dare il meglio e non il peggio, a impegnarsi e non a lasciarsi andare, a desiderare di volare in alto anziché sprofondare su una panchina per ore e ore senza concludere nulla. La paura di non sapere cosa fare, come intervenire, chi interpellare, che progettualità intraprendere. Ci manca la comunità ed è soprattutto per questo che scrivo.

Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Date loro voi stessi da mangiare». [Mc 6,36-37]

I discepoli conoscono tutta la loro impotenza davanti a tanta folla affamata. Anche questi giovani sono affamati, affamati di profonda felicità, di legami duraturi e saldi, di sguardi carichi di fiducia e di paletti da non oltrepassare. Insomma sono affamati di vita. È la stessa fame ed è la stessa sete che interessa incontrare a Gesù. Ed è lui che invita i suoi a dare loro stessi da mangiare. Darsi in pasto agli affamati. Diventare forse anche prede, come pecore in mezzo ai lupi. Il tema delle pecore è molto caro al Signore: vede i possibili agnelli di domani nei lupi di oggi. E noi che facciamo? Li vogliamo “licenziare”? Li vogliamo allontanare perché non creino problemi? Dovremmo invece capire che questi adolescenti i problemi se li portano dietro di strada in strada, qualunque essa sia e se oggi per un qualche strano motivo sono fermi sui nostri pascoli, nel cortile di un nostro (e dico nostro) oratorio abbiamo il dovere di fare la volontà di Dio: dare loro noi stessi da mangiare. Attenzione, non sto banalizzando un martirio. Sto dicendo che come comunità abbiamo l'obbligo di sporcarci le mani con ciò che non è bello per renderlo tale. Non dico di lasciarci fare tutto quello che questi ragazzi vogliono. Al contrario dobbiamo impedirglielo, ma trovando i tempi e i modi per stare con loro.

«Quanti pani avete? Andate a vedere».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
[Mc 6,38]

Ma non abbiamo persone disposte a stare in cortile o non in grado di far fronte a certi atteggiamenti di prepotenza dei ragazzi, direte. Ma ogni comunità (e comprendo anche l'unità pastorale che fino ad ora forse si è sentita non interpellata) ha in sé almeno cinque pani e due pesci. Che se universitari, alcuni adulti, magari allenatori dessero un'ora al mese di turno sul cortile avremmo non solo luoghi più tranquilli ma addirittura quel deserto si trasformerebbe in campi. Non possono essere sempre i soliti educatori (non mi riferisco prettamente a me) a fare tutto! Abbiamo bisogno di gente che ci creda che educare oggi non solo è possibile ma è una delle missioni più importanti che il Vangelo ci consegna oggi.

La messe è abbondante ma gli operai sono pochi”.
Abbiamo bisogno al più presto di pastori operai.

Ciri

ciri46@hotmail.it

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