martedì 31 ottobre 2017
FESTA DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI
Molto bella e partecipata è stata la festa degli studenti universitari che si è realizzata domenica in Oratorio. Dopo un culto ecumenico in cui si è lasciato spazio agli studenti presenti, tra i quali la maggior parte provenienti dal Congo, Camerun e Togo e alcuni di loro evangelici, di condividere la Parola di Dio, ci siamo trasferiti nel salone per un momento conviviale
venerdì 13 ottobre 2017
Cortile di Spirito Santo: come pecore senza pastore
Sceso
dalla barca, egli vide una grande folla,
ebbe compassione di loro,
perché erano come pecore che non hanno pastore
ebbe compassione di loro,
perché erano come pecore che non hanno pastore
[Mc
6,34]
Da
qualche settimana durante il pomeriggio gli spazi esterni
dell'oratorio di Spirito Santo sono frequentati da una moltitudine di
ragazzi delle medie e primi anni delle superiori: fra i 20 e i 40 al
giorno. Mi sarebbe piaciuto scrivere che questi spazi sono abitati
dai ragazzi ma il verbo abitare riconduce al concetto di casa, ma di
casa oggi a questi ragazzi non interessa. Cercano posti dove sfuggire
all'educazione degli adulti, luoghi in cui poter fare quello che pare
e piace, fosse anche dare fuoco a un barattolo di benzina per
“divertimento” (vale a dire noia) con tutti i pericoli annessi
per se stessi e le strutture.
Giovanissimi
allo sbando, alla ricerca di qualcosa che valga la pena di assaporare
come emozione forte e immediata. Adolescenti che si stanno bruciando
lentamente, come quelle prime sigarette che qualcuno di loro accende
per dimostrare di sfidare il mondo. Ragazze e ragazzi che, passando
di strada in strada, sono giunti alle porte di una Chiesa, sulla
pista del suo cortile...quasi per caso. Stanno errando (in tutti i
due sensi che il vocabolario ci indica) ma ora si sono, almeno per
qualche tempo, fermati. Forse ci è dato un compito, oserei dire una
missione: fare tutto quello che possiamo per far in modo che non
siano più come pecore senza pastore.
Sono
entrato in contatto con loro e, nonostante tante volte le pani
comincino a prudere, la maggior parte di loro è simpatica e
semplice: sanno accogliere (a modo loro si intende) e hanno piacere
che ci si faccia loro vicini, ci si interessi a loro.
Da
quando con anche Alex, Arianna e Ilaria li abbiamo incontrati per la
prima volta subito ci ha preso una forte compassione e anche una
abissale paura. Sono proprio i due stati d'animo che permeano nella
prima parte del brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci,
versetti che seguono quelli che introducono questo articolo. La
compassione di vedere adolescenti senza alcuno che stia con loro, che
faccia capire loro che ci sono dei limiti, che la loro vita è
preziosa e irripetibile, che li sproni a dare il meglio e non il
peggio, a impegnarsi e non a lasciarsi andare, a desiderare di volare
in alto anziché sprofondare su una panchina per ore e ore senza
concludere nulla. La paura di non sapere cosa fare, come intervenire,
chi interpellare, che progettualità intraprendere. Ci manca la
comunità ed è soprattutto per questo che scrivo.
Essendosi
ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo
luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo
che, andando per le campagne e i vicini, possano comprarsi da
mangiare». Ma egli rispose: «Date loro voi stessi da mangiare».
[Mc 6,36-37]
I
discepoli conoscono tutta la loro impotenza davanti a tanta folla
affamata. Anche questi giovani sono affamati, affamati di profonda
felicità, di legami duraturi e saldi, di sguardi carichi di fiducia
e di paletti da non oltrepassare. Insomma sono affamati di vita. È
la stessa fame ed è la stessa sete che interessa incontrare a Gesù.
Ed è lui che invita i suoi a dare loro stessi da mangiare. Darsi in
pasto agli affamati. Diventare forse anche prede, come pecore in
mezzo ai lupi. Il tema delle pecore è molto caro al Signore: vede i
possibili agnelli di domani nei lupi di oggi. E noi che facciamo? Li
vogliamo “licenziare”? Li vogliamo allontanare perché non creino
problemi? Dovremmo invece capire che questi adolescenti i problemi se
li portano dietro di strada in strada, qualunque essa sia e se oggi
per un qualche strano motivo sono fermi sui nostri pascoli, nel
cortile di un nostro (e dico nostro) oratorio abbiamo il dovere di
fare la volontà di Dio: dare loro noi stessi da mangiare.
Attenzione, non sto banalizzando un martirio. Sto dicendo che come
comunità abbiamo l'obbligo di sporcarci le mani con ciò che non è
bello per renderlo tale. Non dico di lasciarci fare tutto quello che
questi ragazzi vogliono. Al contrario dobbiamo impedirglielo, ma
trovando i tempi e i modi per stare con loro.
«Quanti
pani avete? Andate a vedere».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
[Mc
6,38]
Ma non
abbiamo persone disposte a stare in cortile o non in grado di far
fronte a certi atteggiamenti di prepotenza dei ragazzi, direte. Ma
ogni comunità (e comprendo anche l'unità pastorale che fino ad ora
forse si è sentita non interpellata) ha in sé almeno cinque pani e
due pesci. Che se universitari, alcuni adulti, magari allenatori
dessero un'ora al mese di turno sul cortile avremmo non solo luoghi
più tranquilli ma addirittura quel deserto si trasformerebbe in
campi. Non possono essere sempre i soliti educatori (non mi riferisco
prettamente a me) a fare tutto! Abbiamo bisogno di gente che ci creda
che educare oggi non solo è possibile ma è una delle missioni più
importanti che il Vangelo ci consegna oggi.
“La
messe è abbondante ma gli operai sono pochi”.
Abbiamo
bisogno al più presto di pastori operai.
Ciri
ciri46@hotmail.it
lunedì 9 ottobre 2017
Progetto "Oratori Invernali" al via
Da oggi, lunedì 9 ottobre 2017, fino a venerdì 18 maggio 2018 riaprono gli oratori della nostra UP coprendo tutta la settimana con aperture differenti per ciascuno di essi, dal lunedì al venerdì, come si può notare dallo schema riportato più in fondo.
L'intendo dello stile educativo dell'oratorio feriale è quello di vivere il quotidiano dei ragazzi coi ragazzi (dai bambini delle elementari ai giovani delle superiori), far in modo di vivere veramente che "il Regno dei Cieli è vicino". L'oratorio vuole accorciare le distanze così come faceva Gesù, nell'informalità, nei ritmi della vita di tutti i giorni: generare incontri positivi che fanno crescere e pongono domande per crescere in umanità e in spiritualità.
Chiaramente tutti ciò avviene là dove educatori che vivono da discepoli dedicano parte del loro tempo libero per stare coi ragazzi. Nei nostri ritmi giornalieri da adulti spesso pensiamo solamente in ottica di funzionalità, utilità e risultati mentre invece troppo spesso ci scordiamo che per educare occorre stare. Stare a fare due chiacchiere, stare a fare i compiti coi ragazzi, stare a perdere tempo per fare per la terza volta di fila le squadre nel campetto, stare ad aiutare il dialogo fra due che litigano, stare in ascolto di come è passata la settimana scorsa, di come vanno le cose a casa, ...
Da oggi riprendiamo questo cammino che vede protagonisti anche molti animatori e adulti desiderosi di prendersi cura dei più piccoli, come il Vangelo di oggi (il buon samaritano) ci chiede di essere.
Certo avremmo bisogno di qualche mano e qualche testa in più per cui ti chiedo se anche tu hai almeno un'ora al mese da mettere al servizio e se così fosse non esitare a chiamarmi (3348593000) o scrivermi (ciri46@hotmail.it)
Ciri
L'intendo dello stile educativo dell'oratorio feriale è quello di vivere il quotidiano dei ragazzi coi ragazzi (dai bambini delle elementari ai giovani delle superiori), far in modo di vivere veramente che "il Regno dei Cieli è vicino". L'oratorio vuole accorciare le distanze così come faceva Gesù, nell'informalità, nei ritmi della vita di tutti i giorni: generare incontri positivi che fanno crescere e pongono domande per crescere in umanità e in spiritualità.
Chiaramente tutti ciò avviene là dove educatori che vivono da discepoli dedicano parte del loro tempo libero per stare coi ragazzi. Nei nostri ritmi giornalieri da adulti spesso pensiamo solamente in ottica di funzionalità, utilità e risultati mentre invece troppo spesso ci scordiamo che per educare occorre stare. Stare a fare due chiacchiere, stare a fare i compiti coi ragazzi, stare a perdere tempo per fare per la terza volta di fila le squadre nel campetto, stare ad aiutare il dialogo fra due che litigano, stare in ascolto di come è passata la settimana scorsa, di come vanno le cose a casa, ...
Da oggi riprendiamo questo cammino che vede protagonisti anche molti animatori e adulti desiderosi di prendersi cura dei più piccoli, come il Vangelo di oggi (il buon samaritano) ci chiede di essere.
Certo avremmo bisogno di qualche mano e qualche testa in più per cui ti chiedo se anche tu hai almeno un'ora al mese da mettere al servizio e se così fosse non esitare a chiamarmi (3348593000) o scrivermi (ciri46@hotmail.it)
Ciri
martedì 3 ottobre 2017
Sinodo - the day after
Mentre scrivo ripenso a quanto abbiamo vissuto in questi
giorni e mi chiedo che significato abbia. La stessa domanda che il giorno di
Pentecoste si fa qualche ebreo quando sente gli apostoli annunciare le grandi
opere di Dio in ogni lingua: “che significa?”
Dare significati a quanto ci capita è uno dei passi
fondamentale del crescere: quando l’esperienza diventa sapienza. Ogni fatto che
accade può essere interpretato in mille maniera mi hanno insegnato alla Scuola
di Teologia Diocesana. È chiedersi cosa è successo, è ripercorrere quando
accaduto, è dare un nome agli stati d’animo, ai sogni e alle paure che ci hanno
abitato durante le nostre discussioni (e in pausa caffè).
Dal mio punto di vista è certamente stato un evento di
Chiesa innanzitutto. È vero, non c’eravamo tutti e non eravamo nemmeno in
molti, ma eravamo radunati sotto l’azione dello Spirito (più volte invocato) e
con idee, precomprensioni, carismi e stili differenti (oltre alle differenze di
età). In queste diversità siamo riusciti a fare la cosa più difficile:
ascoltarci e tenere tutto insieme senza controbatterci a vicenda. È certamente
stato un cantiere di cantiere di dialogo e di incontri. Le domande (quando mai
superficiali e banali) su cui abbiamo provato a ragionare hanno rinnovato in
noi il desiderio di rimetterci in ricerca. Alla ricerca del Vangelo e dei
giovani. Non chiedendoci come “addomesticare i ragazzi”, ma come essi stessi
possano darci delle idee, costruire qualcosa di nuovo, essere evangelizzatori
oltre che ricettori dell’annuncio.
Qualcuno alla fine del Sinodo forse si aspettava una
conclusione che sintetizzasse il tutto, magari un Bignami da me realizzato per
portarci a casa qualcosa di tangibile, risposte illuminanti alle domande che ci
siamo posti. Ma, ahimè, non è andata così. La sensazione che ho avuto io (e
penso molti di voi) è stata quella di quando più che concludersi sta per
cominciare qualcosa. Credo che stia per iniziare una seconda stagione per i
nostri oratori: non si pensa più che c’è qualcuno che se ne occupa ma ce ne
sentiamo tutti un po’ più responsabili dei ragazzi che ci ruotano attorno.
Siamo tornati a casi un po’ frastornati forse ma certamente
con il cuore più leggero perché ci siamo ritrovati non soli. Non abbiamo
risolto niente, anzi forse ci siamo fatti anche degli esami di coscienza e di
come essere autentici e affascinanti per le nuove generazioni probabilmente non
lo abbiamo ancora capito. Quello che c’è di nuovo è che fra le risposte che
abbiamo provato a dirci la cosa grande è che ci siamo fatti insieme delle
domande profonde. Ora ci tocca di starci ancora su questi interrogativi e di
azzardare qualche idea da concretizzare.
In questi giorni mi dedicherò alla lettura di tutti i
verbali e alla sintesi di questi per produrre una Carta del Sinodo, una sorta
di linee guida che ci siamo detti in questi giorni. Questo documento dovrà
essere sotto gli occhi di tutti, in particolare di chi si metterà a servizio in
oratorio. È bello condividere un cammino che conduce alla medesima meta e
quelle metà è vivere in Cristo.
Cercheremo, dunque, di non abbassare il tiro tenendo in
mente che l’oratorio prima di essere un luogo è uno stile educativo con cui si
evangelizza, si accompagna nella crescita, si allena a desiderare ogni ragazzo
e giovane che vi troverà famiglia e casa.
Preghiamo e impegniamoci affinché possiamo diventare simili
al Signore, così da stuzzicare nei giovani con cui entreremo in contatto le
parole che disse l’apostolo Giovanni (quando comincio a capire che Gesù
conosceva un segreto) “Maestro, dove abiti?”. “Vieni e vedi!”
Sinodo - Discussione 3
3.
Attività e percorsi di accompagnamento in oratorio
L'oratorio
accompagna con uno stile preciso: accogliere, affiancare, camminare insieme,
non sostituirsi nel cammino, aspettare, sollecitare, responsabilizzare, rendere
protagonisti, proporre, rileggere insieme.
L'oratorio
accompagna nella crescita umana e spirituale. Non divide l'uomo dalla sua
spiritualità, non crea scissione tra ciò che è della persona e ciò che è del
Vangelo. È luogo di sintesi e di incontro anche fra le diverse dimensioni
personali: non si educa a compartimenti stagni e, forse, i ragazzi sono stufi
di eccessive specializzazioni che non riescono mai a rimettere insieme i pezzi
della vita.
L'oratorio
dovrebbe offrire questa possibilità: per questo risulta enormemente
significativo là dove riesce a creare una sintesi tra vita e fede, un
collegamento fra sentimenti e ragione, fra divertimento e responsabilità... Non
ci mancano percorsi educativi, forse ne abbiamo fin troppi; ci mancano i luoghi
sintesi fra i percorsi educativi: l'oratorio si muove dentro questa pretesa e
assume questa sfida.
Fa
parte della missione educativa e pastorale dell'oratorio non tirarsi indietro
rispetto alla possibilità di essere ponte autentico, creatore di opportunità,
perché si incrementi il bene verso le giovani generazioni.
(don Marco Mori, presidente Forum Oratori Italiani)
Bisogna
avere occhi buoni per vedere che c’è un popolo di adolescenti e giovani
desideroso di tener viva la speranza che una fraternità umana non solo è
possibile, ma necessaria per non lasciarsi trascinare nel mulinello insidioso
della violenza che sembra oggi il pensiero vincente.
Tenere aperte azioni di pastorale educativa giovanile significa riaprire ogni giorno un laboratorio di umanesimo, dove l’esperienza dello stare insieme, della condivisione delle parole, dei pasti condivisi e dell’ascolto reciproco, diventa tesoro prezioso.
Tenere aperte azioni di pastorale educativa giovanile significa riaprire ogni giorno un laboratorio di umanesimo, dove l’esperienza dello stare insieme, della condivisione delle parole, dei pasti condivisi e dell’ascolto reciproco, diventa tesoro prezioso.
Di
questa fraternità i giovani portano la freschezza del sogno e la schiettezza
della profezia.
(Riflessione
di don Michele Falabretti,
responsabile
del Servizio nazionale per la pastorale giovanile per la CEI)
Bisogna
stare attenti al rischio della povertà di accompagnamento nell’oggi delle
giovani generazioni, a causa del rifiuto ad accogliere e far proprie le sfide
che provengono dall’apertura al mondo.
Di
qui l’invito della nota (dei Vescovi italiani) a “stare sulla strada”, avendo
tuttavia una duplice accortezza: che gli oratori “per loro natura non sono
presidi per il contrasto al disagio sociale”, ma allo stesso tempo che essi
“possono fare molto in termini di prevenzione e di sostegno ai ragazzi e ai
giovani in difficoltà”.
Sono
veramente i fanciulli e i ragazzi gli unici destinatari dell’oratorio? È in
questo modo che la comunità cristiana si fa carico della responsabilità di
educare le giovani generazioni? Cosa vuol dire che “l’Oratorio è espressione
della cura materna e paterna della Chiesa” in riferimento alle giovani
generazioni?
È
sensato che l’oratorio non si occupi di adolescenti e giovani?
E
che dire poi della “sfida dell’interculturalità”? può la comunità cristiana far
finta di nulla? Forte dell’insegnamento evangelico della fraternità e aiutata
dall’oratorio, giocare e far festa insieme, spesso ha favorito al ricostruzione
del tessuto sociale e civile, perché è stata in grado di attivare “processi di
accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati”.
(don Claudio Belfiore,
presidente del Centro nazionale opere salesiane
e Coordinatore nazionale della
pastorale giovanile per i salesiani d’Italia)
–
Le attività che si svolgono nei nostri oratori sono
il centro del nostro agire o sono uno degli strumenti con i quali desideriamo
accompagnare i nostri ragazzi in un percorso di crescita umano, sociale e
spirituale?
–
Come, il nostro oratorio, può essere o diventare
luogo in cui aiutare i nostri ragazzi a fare sintesi fra fede e vita?
–
Nel programma dei percorsi, delle attività e degli
eventi che si propongono in oratorio quali pensi non siano più al passo coi
tempi e facenti eco al Vangelo? Quali invece rispettano questi due criteri?
Quali potrebbero essere le novità che una trasformazione in chiave missionaria
del nostro oratorio?
–
L'oratorio è strumento per fare proposte
diversificate: il gioco in cortile, accompagnamento nei compiti, laboratori
artistici e altro ancora. Come tali proposte possono stare insieme in un unico
progetto senza snaturare l'oratorio in un albergo che affitta gli spazi? A chi
potrebbero essere rivolte le diverse proposte diversificate? C'è posto per
tutti in oratorio? Ci sono abbastanza energie per tutto ciò?
Iscriviti a:
Post (Atom)